Si teme un’escalation Usa in Iran. Trump isolato al G7 di Biarritz. L’Europa chiede all’alleato di riaprire il dialogo. Cresce l’allarme per le manovre militari di Israele

Cambiamenti climatici, la guerra dei dazi con la Cina e quella militare che potrebbe scoppiare con l’Iran. Di carne al fuoco nel G7 di Biarritz ce n’era davvero tanta, a dirla tutta questi sono solo alcuni dei temi trattati nel meeting durato tre giorni, eppure non sono mancati i colpi di scena. A partire dal più eclatante di tutti ossia la presenza, su invito di Emmanuel Macron, del ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif. Un coup de théatre che può essere considerato il vero simbolo di questo summit perché nasconde significati politici profondi e che deve esser rimasto indigesto al presidente statunitense Donald Trump. Del resto credere che l’intenzione dell’Eliseo, su cui c’era stato l’okay preventivo dell’Europa, di invitare l’alto vertice iraniano potesse servire ad aprire un canale con il tycoon, dopo mesi di insulti e una guerra che sembra ad un passo dallo scoppiare, non convince nessuno.

IL COLPO DI TEATRO. Quindi questa mossa non può che significare altro e per la precisione appare come un messaggio indirizzato al leader a stelle e strisce, all’Iran e più in generale al mondo intero, per rimarcare un’autonomia decisionale dell’Ue rispetto agli Usa, capace di imporre una via diplomatica a quella muscolare proposta da oltreoceano. Questo perché le pressioni e soprattutto le sanzioni economiche volute da Trump e che stanno mettendo in ginocchio la Repubblica degli ayatollah, rischiano di saldarsi fatalmente alle tensioni militari già in corso tra Iran e Israele. Perché pochi lo dicono ma la guerra contro l’Iran è già cominciata, alimentata dalle ambizioni di un primo ministro, Benjamin Netanyahu, in crisi di consensi e all’alba delle elezioni che, per la seconda volta in 12 mesi, si terranno il prossimo 17 settembre. Così il politico, nel tentativo di guadagnare consensi e nel silenzio della comunità internazionale, ha sferrato attacchi contro obiettivi iraniani ma il rischio è che la situazione possa pericolosamente sfuggire di mano. Peccato che sul tema Trump sembri sordo tanto che al G7, nonostante la presenza di un possibile interlocutore iraniano, abbia preferito dire: “No grazie, non sono pronto ad incontrarlo”.

DISACCORDO TOTALE. Inutile girarci intorno: questo G7 è stato un tutti contro uno. Praticamente su ogni argomento trattato, la posizione del tycoon è sempre stata osteggiata con qualche alternativa e spesso non si è giunti ad alcun accordo. La sensazione è che mai come oggi sia stata grande la frattura che vede contrapposto il nuovo mondo al vecchio continente (più il Giappone). Basti pensare che quando al G7 si è parlato di cambiamento climatico, Trump ha dato buca preferendo occuparsi di altro. Per non parlare del tema dei dazi commerciali alla Cina che stanno stritolando il pianeta e che non sono altro che un clamoroso autogol perché hanno certificato la capacità dell’impero del dragone di competere ad armi pari con gli Stati Uniti.

Senza contare che non si è andati oltre una generica intenzione di riprendere gli incontri bilaterali tra le due superpotenze come chiesto dall’Ue. Peccato che Trump, un giorno sì e l’altro pure, sulla guerra dei dazi getti benzina sul fuoco con nuove imposte che di certo non stanno rasserenando gli animi. Se tutto ciò non bastasse a descrivere il clima gelido che si respirava al tavolo del G7 il magnate americano, prima di salutare tutti, ha affermato di voler invitare Vladimir Putin al prossimo summit che si terrà l’anno prossimo in America. Una mosso, questa, che non è piaciuta a nessuno dei presenti.