Siamo in estate inoltrata e il governo scopre che in fabbrica si muore di caldo

Siamo in estate inoltrata e il governo scopre che in fabbrica si muore di caldo.

Siamo in estate inoltrata e il governo scopre che in fabbrica si muore di caldo

Dopo ben quattro ondate di caldo torrido – per non dire infernale – e il mese di luglio ormai agli sgoccioli, la maggioranza si accorge del problema dei dipendenti che a causa delle alte temperature rischiano la salute sul posto di lavoro. Così, malgrado l’emergenza caldo era stata annunciata mesi fa dagli esperti e si sarebbe dovuto agire per tempo, in queste ore sta prendendo piede una surreale – quanto tardiva – discussione sulla reintroduzione dello smart working.

Il dibattito

Ad annunciare questa ipotesi è stato il ministro del Lavoro, Marina Calderone, che starebbe valutando la possibilità di estendere lo strumento di ‘smart working emergenziale’. Proprio per questo giovedì si è tenuto un tavolo tra governo e parti sociali per valutare la situazione e capire come agire. L’unica certezza, come spiegato ieri, è che l’eventuale intervento avrà bisogno di uno strumento di legge ad hoc visto che, avrebbe riferito la ministra, “in questo momento non c’è un veicolo normativo in cui inserirlo” anche se ciò “non vuol dire che non se ne possa individuare uno”.

Insomma siamo ancora agli inizi della discussione, per giunta il tavolo a cui hanno partecipato anche le imprese non ha dato alcun esito al punto che la ministra ha riconvocato le parti per lunedì, e cosa ancor più grave, servirà ancora diverso tempo con il rischio che quando tutto l’iter sarà completato, l’estate si avvierà alla sua fine. Che la tutela della salute dei dipendenti sia un’emergenza ce lo ricorda la cronaca visto che, soltanto negli ultimi giorni, riporta di almeno 5 lavoratori morti a causa del calore insopportabile. Del resto è proprio per questo motivo che i sindacati sono sul piede di guerra.

“Riteniamo sia indispensabile fronteggiare l’emergenza con interventi immediatamente operativi e contemporaneamente è fondamentale individuare delle misure strutturali perché il riscaldamento climatico non è un evento eccezionale” ha spiegato la segretaria confederale della Cgil, Francesca Re David.

Secondo la leader sindacale “la situazione è ad alto rischio, come dimostrano i drammatici eventi di questi giorni, sia per chi lavora all’aperto che nei capannoni: dagli edili ai rider, dagli agricoli agli operatori dell’igiene ambientale, dagli operai dell’industria alla logistica, ai mezzi di trasporto”, per questo “gli interventi devono essere immediatamente efficaci, come deve essere vincolante l’interruzione delle attività quando non ci sono le condizioni, altrimenti non si affronta l’emergenza. Vedremo nell’incontro annunciato per lunedì prossimo se ci sarà risposta alle esigenze di tempestività”.

Ancor più dura la segretaria confederale Uil, Ivana Veronese, secondo cui: “Non c’è tempo per un Protocollo come per il Covid, qui serve un decreto d’urgenza per fermare le attività laddove si superano 32-33 gradi”.

Il caso della cassa integrazione

“Pensare di dover mettere a rischio la propria vita perché si va al lavoro è qualche cosa che deve far riflettere tutti, non è un tema solo delle associazioni datoriali, è un tema dei sindacati ed è un tema del governo”, ha spiegato a SkyTg24 il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Come da lui rivelato, oltre alla cassa integrazione per i lavori più impattati dalle ondate di calore si sta parlando “anche di smart working, in modo da consentire ai lavoratori di non spostarsi e rimanere presso le proprie abitazioni”. Insomma tra le misure attualmente allo studio del governo c’è anche il ricorso alla cassa integrazione.

Un’idea, quest’ultima, che in realtà non è una grande novità visto che l’Inps ha spiegato che è già possibile attivarla anche per una temperatura sotto i 35 gradi se si lavora sotto il sole o se l’umidità dell’aria aumenta il valore del caldo percepito. Bisognerà infatti tener conto della tipologia di attività svolta e delle condizioni nelle quali si trovano ad operare i lavoratori.

Questa è l’indicazione contenuta in un nuovo ‘messaggio’ dell’Inps diffuso “in considerazione dell’eccezionale ondata di calore e dell’incidenza che tali condizioni climatiche possono determinare sulle attività lavorative e sull’eventuale sospensione o riduzione delle stesse con riconoscimento del trattamento di integrazione salariale”. Il problema, semmai, è che le aziende non usano ancora abbastanza la cassa integrazione per il caldo e sono “meno abituate” a farlo come spiegato dal direttore generale dell’Inail, Andrea Tardiola.

M5S all’attacco

“Da giorni si dibatte su questa ondata di temperature torride e sulla necessità di prendere provvedimenti per i lavoratori, in particolar modo per quelli chiamati ad operare all’aperto talvolta in condizioni disumane”, tuona la senatrice pentastellata, Elisa Pirro.

“Come M5S abbiamo depositato una mozione per chiedere al governo interventi immediati, che portino al divieto di svolgere lavori che comportino una prolungata esposizione al sole nelle ore più calde della giornata” ha aggiunto. Poi ha spiegato che “le imprese italiane hanno già la possibilità di aprire la cassa integrazione in diversi casi, ma noi riteniamo fondamentale che vengano approntate tutele più specifiche per i lavoratori, come del resto stanno chiedendo da giorni i sindacati. Anche il numero uno di Confindustria Bonomi ha rimarcato che non si può mettere a rischio la propria salute per lavorare”.

“Per questo”, conclude, “chiediamo un pacchetto di misure ad hoc da concertare con tutti i rappresentanti dei settori coinvolti e con le sigle sindacali , che intensifichi lo smart working e che preveda lo stop per quei lavori più usuranti. Il governo non sia sordo, e ascolti le nostre proposte”.