Solinas è indagato dal 2021. Altro che giustizia a orologeria

Tra nomine e compravendite, tutti i guai del governatore Solinas. E dalle intercettazioni spunta l’ombra della massoneria.

Solinas è indagato dal 2021. Altro che giustizia a orologeria

“Squadra che vince non si cambia. E io sono convinto che la squadra uscente abbia fatto bene”. E ancora: “Un governatore uscente va ricandidato”. A leggere oggi le frasi di Matteo Salvini in difesa del “suo” candidato alla Regione Sardegna, Christian Solinas (contro quello di Fdi, Truzzu), sembra passato un secolo. Invece era solo il 27 dicembre scorso. Ma da due giorni la musica è cambiata: “Per me l’unità del centrodestra, della coalizione che hanno votato gli italiani, viene prima di logiche di partito o personali”, ha detto ieri Salvini. Cosa è cambiato? Che Solinas non è più difendibile dopo il sequestro da 345.185,75 euro chiesto contro di lui dal pm Giangiacomo Pilia e concesso dal gip Luca Melis per l’inchiesta per presunta corruzione nella compravendita di un rudere a Capoterra e nella nomina in cambio di utilità.

Tra nomine e compravendite, tutti i guai del governatore Solinas. E dalle intercettazioni spunta l’ombra della massoneria

Per i pm, Solinas avrebbe venduto dei ruderi a località Santa Barbara (dal valore stimato dai periti di 73mila euro) a 550mila euro, intascando una caparra di 250mila euro, senza perfezionare il passaggio di proprietà, se non anni dopo il limite previsto nel contratto. A comprare un imprenditore che in cambio avrebbe ricevuto appalti milionari da Regione (almeno 150 i termoscanner ordinati dopo la firma della Regione). L’altro filone dell’inchiesta riguarda le pressioni fatte da Solinas per la nomina di Roberto Raimondi al vertice dell’Enpi. In cambio avrebbe ottenuto una laurea honoris causa in Medicina dall’Università di Tirana, una cattedra nella stessa università, un incarico da docente presso la Link University di Roma. Sei in tutto gli indagati: oltre a Solinas e all’imprenditore Roberto Zedda, anche il consigliere regionale, Nanni Lancioni, il consulente Christian Stevelli, il rettore dell’università di Tirana Arben Gjata e il dg della E-Campus Alfonso Lovito.

Il presidente sardo è accusato di corruzione per un terreno ceduto e la designazione del vertice Enpi

“La vicenda è stata sapientemente ricostruita dagli inquirenti della Guardia di Finanza fino al punto di fornire al giudice un apparato indiziario di rilevante gravità”, scrive il Gip. Nel documento il Gip annota che “una coltre di opacità copre queste nomine”, riportando i rapporti di Solinas con la massoneria. Fondamentale una conversazione intercettata di Raimondi, che, attraverso i confratelli, vuole arrivare a Solinas. Il 23 febbraio 2022, intercettato, chiama tale Raffaele Olla (non indagato), massone, affinché organizzi un incontro. “In che rapporti sei col presidente?”, chiede Raimondi, e Olla: “Ho contatto diretto se vuoi il suo braccio destro (Stevelli) è un mio caro amico”. “Stevelli è uno di noi”, aggiunge Olla. E Raimondi: “Il presidente (Solinas, ndr) mi pare quindi vicino a noi anche se non iscritto, giusto?”.

Qualche ora più tardi, Olla gli risponde che Solians è “in sonno… è alla Grande Loggia di Italia…”. Raimondi allora aggiunge: “Però vicino… mi hanno detto che per i fratelli sardi ha sempre un occhio di riguardo”. Circa Stevelli, il Gip aggiunge che “risulti appartenere alla massoneria, in quanto iscritto alla Loggia Massonica n.1124 ‘Concordia’ dell’Oriente di Cagliari, col grado di ‘Maestro venerabile’…”. Un fulmine a ciel sereno per Salvini, che negli ultimi 3 anni deve essersi distratto, se non si è accorto che questo fascicolo era stato aperto nel giugno 2021 ed era diventato di dominio pubblico già il 20 febbraio 2023, quando la Gdf aveva sequestrato pc e cellulari ai sei indagati (tranne a Solinas, che denunciò il furto del pc una trentina di ore prima che scattassero i sequestri).

E dalle intercettazioni spunta l’ombra della massoneria

Ma il Capitano si è perso anche tutte le inchieste che coinvolgono Solinas, che oggi è sotto processo per abuso d’ufficio per due nomine ed è indagato in un’altra indagine sempre per nomine ritenute illegittime. E i leghisti isolani non hanno letto neanche le inchieste giornalistiche che avevano portato all’apertura del fascicolo sui ruderi. A loro beneficio ripercorriamo la vicenda. La storia inizia il 4 novembre 2020, quando Solinas sottoscrive con Zedda un preliminare di vendita di alcuni rustici di sua proprietà (che aveva acquistato nel 2002 per 40 mila euro) per 550mila euro totali, ricevendo una caparra di 210mila euro. Nel preliminare si legge che “la stipula dell’atto notarile di vendita dovrà aver luogo entro e non oltre il 30 giugno 2021”. Ma quella vendita arriverà solo il 1° giugno 2022, e solo dopo che i giornali avevano svelato la compravendita e chiesto a Solinas che fine avesse fatto la caparra.

Ma la storia è più complicata: 4 mesi dopo aver firmato quel preliminare (4 novembre 2020), Solinas il 10 marzo 2021 utilizza quei soldi per acquistare una villa a Cagliari per 1,1 milioni. Per pagarla ottiene un mutuo da 880mila euro dal Banco di Sardegna. Unica garanzia, la villa stessa. Un mutuo che per il Gip non poteva avere. Il suo stipendio era di 6 mila euro/mese e il rateo del mutuo di 3 mila/mese. E nessuna banca concede ratei mensili superiori a 1/3 dello stipendio (se non sei il presidente della Sardegna).

Ma ancora non è finita. A inguaiare Solinas anche la scoperta di un altro affare immobiliare, fotocopia della vendita dei ruderi. Il 30 maggio 2013, Solinas, appena dimessosi da assessore regionale ai Trasporti, sottoscrive un preliminare di vendita con Antonello Pinna, proprietario della Pinna Trasporti Logistica. Solinas si impegna a vendere 40.350 mq di terreno a Capoterra (Ca) per 400mila euro. Alla firma del preliminare Pinna versa una caparra di 200mila euro. Il passaggio di proprietà era fissato “entro e non oltre il 30 maggio 2014”. Ma il contratto definitivo non venne mai siglato. Dopo mesi di silenzio, nel 2022 spiegò che quel preliminare non è stato mai seguito da un rogito perché l’acquirente “è venuto a mancare”. E aveva aggiunto che il contratto era stato “consensualmente risolto con gli eredi, ai quali ho restituito per intero la caparra”. Una spiegazione lacunosa, visto che non ha mai detto quando avrebbe restituito i soldi e che il rogito doveva essere firmato entro il 30 maggio 2014, mentre Pinna è morto ad aprile 2016. Cioè 23 mesi dopo la scadenza del termine.