Sondaggi amari per Meloni. FdI mai così male da quando è al governo

Nei sondaggi l’effetto Abruzzo non si fa sentire sulla maggioranza che sostiene Meloni. Bene Pd e Avs, in crescita dopo le Regionali.

Sondaggi amari per Meloni. FdI mai così male da quando è al governo

Non si può definire un tracollo, ma sicuramente le certezze di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia iniziano a vacillare. Almeno dal punto di vista dei sondaggi, con il risultato più basso registrato da quando il partito della presidente del Consiglio è al governo. Il calo arriva nonostante la vittoria di Marco Marsilio alle elezioni regionali in Abruzzo e porta con sé anche una flessione per tutta la coalizione di centrodestra, con il campo largo che è sempre più vicino. La supermedia Agi/YouTrend evidenzia come al momento a prevalere sia ancora l’effetto Sardegna, più che quello delle elezioni in Abruzzo, almeno per la compagine di governo.

Nei sondaggi l’effetto Abruzzo non si fa sentire sulla maggioranza che sostiene Meloni. Bene Pd e Avs, in crescita dopo le Regionali

La media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto, effettuati nel periodo tra il 29 febbraio e il 13 marzo, conferma che in testa c’è la coalizione di centrodestra con il 44,4% dei consensi, ma la discesa rispetto a due settimane fa è dello 0,9%. A pesare è soprattutto il calo di Fratelli d’Italia, che ha perso lo 0,4% e si è attestato al 27,5%. Ovviamente è ancora il primo partito in Italia e con un discreto margine (seppure in riduzione), ma il dato che salta agli occhi riguarda il fatto che si tratta del peggior risultato nei sondaggi da quando Giorgia Meloni e il suo partito sono al governo.

Il partito della premier scende al 27,5%

Quello di Fdi è il calo più marcato nella maggioranza di governo, ma non va molto meglio agli alleati: per la Lega continua il periodo di difficoltà e, perdendo lo 0,1%, si attesta all’8,2%. Per Matteo Salvini, la cui posizione di segretario sembra essere più in bilico che mai, il problema deriva dal fatto che Forza Italia continua ad avvicinarsi. Forte anche del buon risultato registrato in Abruzzo, il partito oggi guidato da Antonio Tajani resta stabile a livello nazionale al 7,7%. Il che vuol dire soltanto mezzo punto percentuale al di sotto del Carroccio, con la speranza di un sorpasso alle europee che potrebbe cambiare gli equilibri interni alla maggioranza.

Se l’effetto Abruzzo non si vede più di tanto per il centrodestra, dove prevale invece il trend che ha seguito la sconfitta in Sardegna, leggermente diversa è la situazione nel centrosinistra e nel cosiddetto campo largo. In questo caso le variazioni sono soprattutto interne alla coalizione. Sulla scia di quanto successo in Abruzzo, continua il buon momento del Pd, che alle elezioni regionali ha ottenuto – pur nella sconfitta – un buon risultato di lista. I dem ora raggiungono di nuovo la soglia del 20%, guadagnando lo 0,6% nelle ultime due settimane. Allo stesso modo, cattive notizie arrivano per il Movimento 5 Stelle dopo il risultato non positivo dell’Abruzzo: i pentastellati perdono lo 0,4%, scendendo al 16%.

Si allarga il divario tra Pd e M5S

Si allarga, quindi, il divario tra il partito di Elly Schlein e quello di Giuseppe Conte. Fa invece registrare il suo miglior risultato nei sondaggi dall’inizio della legislatura l’Alleanza Verdi-Sinistra, ora al 4,2% (con una crescita dello 0,2%). Stabile Azione di Carlo Calenda al 3,9%, mentre sul fronte centrista è in leggero calo Italia Viva di Matteo Renzi (-0,1%) al 3,3% ed è invece in salita (+0,3%) +Europa al 2,9%. L’altra novità degli ultimi sondaggi, che in questo caso sembra confermare l’effetto Sardegna e non quello abruzzese, riguarda le due coalizioni. Il centrodestra, come detto, si attesta al 44,4%, in calo di quasi un punto. Il centrosinistra, invece, si ferma al 27,1%. Ma se si allargasse lo sguardo al campo largo, sommando ai voti del centrosinistra anche quelli del Movimento 5 Stelle, la situazione cambierebbe: con una crescita complessiva dello 0,7%, se la coalizione si presentasse unita raggiungerebbe il 43,1%. Riducendo, ai minimi, lo svantaggio dalla maggioranza di governo, con poco più di un punto di differenza. In caso di elezioni, dunque, la partita tra queste due coalizioni sarebbe aperta.