Niente più tetto di 240mila euro per dipendenti pubblici e magistrati. La Corte costituzionale ha dichiarato, con la sentenza n. 135 del 2025, incostituzionale la norma che prevede un limite massimo agli stipendi nella pubblica amministrazione. In particolare, viene ritenuto incostituzionale il comma 1 dell’articolo 13 del decreto (del governo Renzi) che ha fissato il limite retributivo dei dipendenti pubblici.
Quella norma ha di fatto portato a una riduzione dello stipendio per alcune categorie, soprattutto per i magistrati. Quella riduzione era ritenuta legittima nel momento in cui è stata stabilita per motivazioni legate alla crisi finanziaria in corso, ma oggi non lo sarebbe più essendo ormai terminato il suo effetto temporale.
Stop al tetto degli stipendi pubblici, salta il limite dei 240mila euro: cosa succede ora
Con questa decisione, si torna a quanto era previsto fino al 2014: il riferimento ora è al trattamento economico spettante al primo presidente della Corte di Cassazione. Spetterà ora a un decreto della presidente del Consiglio, dopo aver sentito il parere delle commissioni parlamentari, stabilire l’importo aggiornato che finora era fissato a 240mila euro.
Quella cifra era stata stabilita, nell’ottica del risparmio, dal governo Renzi. Portando però a una “significativa decurtazione del trattamento economico”, secondo la Consulta, soprattutto per funzioni apicali nel settore della magistratura.
Questa misura era inizialmente ritenuta compatibile con la Costituzione per il suo carattere di straordinarietà e temporaneità in un quadro di crisi finanziaria. Ora, però, secondo la Corte questi elementi non esistono più e ci sarebbe quindi una violazione della Carta.
Il discorso vale soprattutto per i magistrati, nell’ottica di garantire la loro autonomia, secondo quanto spiegato dai giudici. Ma in realtà si estende a tutti i dipendenti pubblici, abbattendo così per tutti il tetto dei 240mila euro annui. Le nuove regole saranno valide a partire dalla pubblicazione della sentenza in Gazzetta Ufficiale e non avranno effetti retroattivi, sugli anni precedenti.