Stop al carcere per i giornalisti. A decidere sarà ancora la Consulta. Ferma al Senato la nuova legge sulla diffamazione. Oggi la Corte anticiperà di nuovo il Parlamento

Oggi la Corte Costituzionale deciderà se è costituzionalmente legittimo mettere in carcere un giornalista condannato per diffamazione. Una battaglia annosa su cui di rado il Parlamento si è speso più di tanto. Mentre aumentano le querele e le richieste di risarcimento danni fatte a scopo intimidatorio a chi fa informazione, con il principale obiettivo di imbavagliare la stampa. E per l’ennesima volta, visti anche i solleciti in materia giunti dall’Unione europea, la Consulta finirà per anticipare le Camere. Con i giudici costretti a fare da supplenti per quelle che restano onorevoli promesse a cui non fanno mai seguito leggi che darebbero un po’ di onore a chi svolge una professione delicata e allo stesso Paese.

IL CASO. La Consulta si pronuncerà sulla legittimità del carcere per i giornalisti, previsto dal codice penale e dalla legge sulla stampa per chi commette il reato di diffamazione a mezzo stampa, dopo essere stata investita del caso dal Tribunale di Salerno. Proprio davanti a tale ufficio giudiziario infatti Giancarlo Visone, avvocato del Sindacato unitario dei giornalisti Campania, nel processo a carico di Pasquale Napolitano, all’epoca dei fatti collaboratore del quotidiano Il Roma, e del direttore della testata, Antonio Sasso, ha sollevato e si è visto accogliere l’eccezione di incostituzionalità, sostenendo che la previsione di una pena detentiva a mezzo stampa è incompatibile sia con la Costituzione sia con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ma per una vicenda analoga la consulta è stata investita del caso anche dalla sezione di Modugno del Tribunale di Bari.

“Attendiamo di capire come la Corte costituzionale scioglierà questi nodi – ha dichiarato l’avvocato Visone – e se si arriva all’abolizione del carcere per i giornalisti per il reato di diffamazione a mezzo stampa”. A partecipare in videoconferenza all’udienza sarà inoltre il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna. Ed è la prima volta nella storia che l’Ordine dei giornalisti viene ammesso in un giudizio davanti alla Corte Costituzionale. “La categoria, rappresentata dal Cnog è compatta nel chiedere l’abrogazione del carcere per i giornalisti – ha affermato Verna – ma questa pena afflittiva in vigore nel nostro Paese, come ha notato contrariato il Consiglio d’Europa, è questione tanto annosa quanto, aggiungiamo noi, vergognosa e non più tollerabile. La stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha più volte sollecitato i governi italiani succedutesi nel tempo a rivedere il reato di diffamazione”.

SEMPRE INDIETRO. La Consulta si troverà così nuovamente anche ad anticipare il Parlamento nel tracciare una linea sui temi più sensibili. Il disegno di legge per abolire il carcere per i giornalisti, presentato dal senatore azzurro Giacomo Caliendo (nella foto), è ancora in fase di discussione in Commissione giustizia, con relatore il pentastellato Arnaldo Lomuti. E non essendo ancora stato varato tale provvedimento si è bloccato anche quello sulla lite temeraria, che avrebbe evitato a tanti giornalisti di vivere il calvario a cui da troppo tempo sono costretti. Una norma pronta, ma messa nel congelatore nell’attesa dell’altra, affinché le due leggi potessero viaggiare di pari passo ed essere coordinate. Una rivoluzione tristemente ferma da troppo tempo. E quelle liti temerarie che portano troppo frequentemente tante piccole realtà del mondo dell’informazioni a dover chiudere i battenti davanti a una querela scomoda proseguono. Con tanto di incubo manette.