Strage di bestiame in Abruzzo. Ecco la mafia dei pascoli. Ritrovate 140 carcasse di ovini coi microchip divelti. Il gregge lasciato in alta quota a morire di stenti

Morie di ovini, microchip seminati sui prati e pastori locali in via d’estinzione. Ma non è tutto. C’è pure il caso della docente dell’Università dell’Aquila, Lina Calandra, alla quale è stato “consigliato” di cambiare progetto mentre provava a fare luce sulla mafia dei pascoli. Il caso è scoppiato in Abruzzo, a Lucoli, il comune con la più vasta area di pascolo in Italia, dopo l’ennesima moria di pecore. Circa 140 capi di bestiame straziati in una valletta di una frazione del piccolo centro dell’Aquilano. Altro che vittime di un branco di lupi, come qualcuno ha ipotizzato. Secondo Rossano Soldati, ex amministratore di Lucoli, gli animali sarebbero morti di stenti. La prova? Un ginepro rosicchiato dalle pecore in preda ai morsi della fame.

AFFARI SPORCHI. Un episodio che getta nuove ombre sul sistema dei pascoli abruzzesi, migliaia di ettari di prati che fanno gola alle società del Nord, disposte ad affittare i terreni ad uso civico a cifre proibitive per gli allevatori locali, per poi incassare i ricchi indennizzi europei calcolati sul valore dei terreni del Nord, coltivati a tabacco, di proprietà delle stesse aziende locatarie di vaste aree del Centro-Sud. Terreni sui quali il bestiame se c’è non si vede e se si vede è già un miracolo. Gli animali trovati morti, in questi giorni in alta quota, sono stati dimenticati o qualcuno si è risparmiato il trasferimento a valle (demonticazione). Usi e costumi del luogo come il fatto che le carcasse andrebbero cremate, per legge, ma restano sui prati.

“Nel 2019 il Comune di Lucoli ha affittato ad unica ditta 5 mila ettari di pascolo demaniale al prezzo di 160 mila euro – spiega Soldati – così in quest’area le greggi sono state massimo tre – una di queste di dubbia provenienza. Forse di origine macedone, romena composta da circa 200 capi di bestiame mal ridotti o maltrattati, quasi tutti morti, seppelliti in Zona speciale di conservazione senza adeguate autorizzazioni. Sul territorio di Lucoli quest’anno sono morti circa 350 ovini e 20 fra equini e bovini e anche se il regolamento vieta l’area ad animali di grossa taglia, pascolano tranquillamente sotto gli occhi di tutti. Gli animali inceneriti, a mio giudizio, sono stati solo 40”.

LA DENUNCIA. Una segnalazione a cui si aggiunge la denuncia delle consigliere comunali Antonietta Brasca, Samantha Benedetti e Simonetta De Felicis: “Il 3 gennaio trovandomi a passare verso la frazione Santa Croce di Lucoli (Aq) ho notato sul prato alcune carcasse di pecore sparse nell’intera valletta dove si possono vedere degli stazzi abbandonati – racconta la capogruppo di minoranza, De Felicis -. Sono scesa nella valletta dove numerosissime carcasse di ovini erano sparse nell’area, alcune avevano ancora il microchip. Le carcasse erano in avanzato stato di decomposizione e scarnificazione e rinvenivo una significativa quantità di microchip abbandonati sul prato”.

Più di 80 i bollini gialli trovati dalla De Felicis, ma ce ne sono tanti altri. Sarebbero non meno di 140 ovini gli ovini deceduti e con questa denuncia le tre consigliere di opposizione chiedono di fare luce sul caso dei pascoli. “In che modo s’intende intervenire, evidentemente in grave ritardo, in merito alla predazione di carcasse ancora in situ? Perché non sono stati ottemperati gli obblighi per lo smaltimento delle carcasse? è stata denunciata la proprietà degli ovini deceduti? Come mai il gregge si trovava a Le Conche di Lucoli?”. Una pioggia d’interrogativi che preannunciano tempesta.