Tentazione elettorale

Di Ugo Magri per La Stampa

Verdini, che tra Berlusconi e Renzi è l’anello mancante, mette la mano sul fuoco: «Prima di quattro anni non torneremo a votare». Dunque nel 2018. Quasi perde le staffe con quanti, nel suo partito, temono elezioni nella primavera prossima. «Bischeri!», gli grida in faccia, «Renzi non ci pensa nemmeno». Peccato che il primo «bischero» (con rispetto parlando) sia proprio il suo capo. Il quale queste paure di tornare troppo presto alle urne ce le ha, eccome. E incomincia a manifestarle.

Perché del premier Berlusconi si fida, deve fidarsi; non però fino al punto da chiudere entrambi gli occhi. Per esempio, in queste ore l’ex Cavaliere si domanda un filo insospettito come mai tanta fretta sulle riforme, da dove nasca quest’ansia di votare a Palazzo Madama. Mostrando i muscoli, procedendo come schiacciasassi e causando a lui tanti problemi nel partito, quando con pochi zuccherini la bolla del dissenso verrebbe sgonfiata… «Non siamo in Formula uno», gli ha fatto notare Fitto durante un incontro degli europarlamentari «azzurri» a Palazzo Grazioli.

E per la prima volta da tempi immemorabili, Berlusconi non ha reagito con fastidio alle osservazioni. Anzi, dopo avere annuito a Fitto, ne ha pure parlato bene dietro le spalle. Segno che un dubbio si agita nella sua mente.

Questo dubbio non sfiora il rispetto dei patti: Berlusconi li vuole onorare anche perché spera che da cosa possa nascere cosa, e un comportamento da padre della patria possa meritargli qualche clemenza. Tuttavia, pure a Silvio è giunta la chiacchiera che impazza tra i senatori.

Secondo questa voce, Renzi vorrebbe incassare 2-3 riforme da esibire in pubblico come trofei, oltre a una legge elettorale tagliata su misura per lui; dopodiché, se il braccio di ferro con la Merkel dovesse finir male, e Frau Angela ci imponesse una manovra «lacrime e sangue», Matteo cercherebbe anzitutto di blindarsi in Parlamento cacciandone fuori i serpenti (e sono tanti) che si annidano sotto le foglie.

Tornare alle urne sarebbe dunque il «Piano B» del premier. E Berlusconi, a quel punto? Si troverebbe nei guai. Secondo l’ultima rilevazione Coesis, pubblicata da «Libero», Forza Italia è precipitata al 12 per cento. Nei sondaggi di Euromedia viaggia meno rasoterra, ma sempre qualche decimale sotto il 16,8 che fu toccato dal partito berlusconiano alle scorse Europee.

Il solito Verdini lo rassicura: «Che interesse avrebbe Renzi a votare in primavera? Lui il suo bagno di consensi se lo farà comunque alle Regionali del prossimo anno, un trionfo garantito; e a quel punto non avrà bisogno di ulteriori verifiche elettorali fino al termine della legislatura. A meno che noi non rompiamo i patti, o che il Parlamento non cominci a remargli contro sulle riforme… Allora sì che lui ci asfalterebbe tutti».

Berlusconi ascolta Denis e poi pure Brunetta, il quale argomenta l’esatto contrario, e scommette che l’Europa non ci farà credito mentre lo spread risale, i rendimenti dei titoli pubblici idem: tutti segnali non particolarmente buoni. Per cui, tormentato dai fantasmi, strattonato dai consiglieri, non sapendo a chi dar retta, l’ex Cavaliere frena il galoppo delle riforme e si mostra propenso a guadagnare tempo. Nello stesso tempo manda messaggi amorosi alla Lega, ai Fratelli d’Italia, perfino agli alfaniani, perché non si sa mai, potrebbe avere bisogno perfino dei «traditori»…