Centinaia di manifestanti si sono radunati oggi davanti alla sede del governo della Thailandia per chiedere le dimissioni della premier Paetongtarn Shinawatra, finita nella bufera dopo la diffusione di un audio compromettente che la ritrae in una telefonata privata con l’ex premier cambogiano Hun Sen. La protesta, svoltasi sotto un sole torrido, ha visto in prima linea i sostenitori del movimento conservatore delle “magliette gialle”, tradizionalmente legato alla monarchia e da sempre ostile alla potente dinastia politica degli Shinawatra.
Gli slogan contro la premier sono stati duri: “Tradimento”, “incapacità diplomatica”, “vergogna nazionale”. La diffusione della registrazione – avvenuta a sua insaputa secondo la stessa Shinawatra – ha alimentato una profonda crisi politica che rischia di far cadere il governo, in carica da meno di un anno.
Lo scandalo della telefonata che indigna la Thailandia
Nel colloquio privato, registrato dal telefono personale della premier e poi trapelato online, Paetongtarn Shinawatra chiedeva a Hun Sen di non dare peso alle pressioni interne – provenienti dalla politica e dai vertici militari thailandesi – per una risposta muscolare alle crescenti tensioni con Phnom Penh. Oggetto del contendere, un tratto di confine conteso tra i due Paesi, che ha già portato allo schieramento di truppe da entrambe le parti.
Le parole della premier sono state interpretate da molti come un segnale di debolezza diplomatica, mentre le forze armate spingono per una linea più dura. In risposta, Paetongtarn ha dichiarato che l’audio è stato reso pubblico senza il suo consenso e ha ribadito che il governo è pronto a sostenere l’esercito “in ogni modo necessario”.
La crisi della coalizione
A peggiorare la situazione, l’annuncio arrivato ieri da parte del partito conservatore Bhumjaithai – secondo gruppo della coalizione – che ha comunicato il proprio ritiro dal governo. La decisione, si legge in un comunicato, è stata presa proprio in seguito alla fuga di notizie sulla telefonata, accusando la premier di aver compromesso “l’onore e l’integrità del Paese”.
Con i suoi 69 seggi, l’uscita di Bhumjaithai riduce la maggioranza parlamentare a un margine estremamente fragile, mettendo in seria discussione la tenuta dell’esecutivo. La popolarità della premier è già in calo, complice anche una stagnazione economica sempre più pesante e l’ombra di possibili dazi statunitensi che potrebbero colpire l’export thailandese.
Una leadership in bilico
Paetongtarn Shinawatra, 38 anni, è salita al potere meno di un anno fa dopo la destituzione del precedente premier da parte della magistratura. Figlia di Thaksin Shinawatra, figura chiave della politica thailandese degli ultimi decenni, ha cercato finora di bilanciare le pressioni interne con un approccio più moderato in politica estera. Ma proprio questa strategia le si sta ora ritorcendo contro.
Con un governo indebolito, proteste in piazza e le forze armate sempre più influenti sul piano politico e territoriale, il futuro della premier appare appeso a un filo. E mentre la Thailandia si interroga sulla sua tenuta democratica, l’instabilità rischia di acuirsi in una regione già attraversata da tensioni geopolitiche.