Letta e Alfano come Gianni e Pinotto

di Gaetano Pedullà

a) Nessuna divergenza con Matteo Renzi, b) nessun problema dentro il Pd, c) nessuna nube per il governo. Ha risposto così Enrico Letta ieri a Londra, facendo il bis con il suo ministro dell’interno Angelino Alfano, all’oscuro di tutto sul pasticcio Kazako. Gianni e Pinotto: un ministro che non sa cosa fanno i suoi uffici, un premier che finge di non sapere che accade. Delle due l’una: Letta o pensa che negando all’infinito la realtà, questa si trasformi, oppure che abbiamo tutti l’anello al naso. Per rinfrescarci la memoria segnaliamo che a) Renzi pubblicamente ha chiesto a Letta di prendere posizione sulla gestione del caso Shalabayeva; b) tredici senatori del Pd hanno definito “indifendibile” Alfano e oggi nella riunione del gruppo chiederanno formalmente le dimissioni del ministro dell’interno; c) il governo resta appeso a un filo in attesa della sentenza della Cassazione, tra dodici giorni, sul processo Mediaset. Lasciamo perdere le manovre disperate, compresa l’exit strategy di cui si parla in queste ore per lasciare Alfano vice premier, ma senza deleghe al Viminale. Un governo che ha fatto dimettere il ministro alle Pari opportunità Idem perché screditato da una vicenda di tasse non pagate, adesso dovrebbe spiegare perché il ministro dell’interno resta al suo posto dopo una palese violazione dei diritti umani, mentre saltano le teste dei più alti burocrati. Possibilmente spiegare i fatti e non negarli.
Lasciateci qualche riga per una questione che riguarda questo giornale, la libertà di stampa e uno dei poteri forti che ingessano questo Paese. La Camusso, segretario della Cgil, vuole farci chiudere solo perché abbiamo raccontato del gran giro di interessi che ruota attorno al sindacato. Senza chiedere neppure una rettifica, ci ha direttamente querelato chiedendoci una cifra che – facendo con onestà e senza padrini il nostro lavoro – non possiamo pagare. Sarà felice di vedere 20 nuovi disoccupati. Ma finché potremo non smetteremo di raccontare come un sindacato che vuole mettere pure il bavaglio alla stampa è l’opposto di ciò che serve al Paese.