Tra complotti e congiure, la sindrome di accerchiamento delle destre non comincia con Bignami

Il caso Bignami è solo l’ultimo di una lunga serie. Dall’Albania al Ponte sullo Stretto a destra dilaga la sindrome del complotto

Tra complotti e congiure, la sindrome di accerchiamento delle destre non comincia con Bignami

Una delle eredità “culturali” di Silvio Berlusconi è senz’altro la sindrome del complotto. Un lascito di cui le destre hanno fatto tesoro. L’ennesima prova l’hanno data ieri con il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Galeazzo Bignami che, rilanciando un articolo de La Verità, ha puntato il dito contro le trame di alcuni consiglieri del Colle per fermare il governo Meloni. Ma quello di Bignami è solo l’ultimo caso di una lunga serie. La lista dei precedenti è lunga.

Dall’Albania al Ponte sullo Stretto, le destre e la sindrome del complotto

Che si tratti di riforma della giustizia, del Protocollo Italia -Albania sulla gestione dei migranti, del caso del generale libico Almasri, del Ponte sullo Stretto, del Codice degli Appalti, della Manovra o della Relazione della Commissione europea sullo stato di diritto, le destre replicano a ogni critica mossa da istituzioni autorevoli o dai magistrati gridando al complotto. Sulla separazione delle carriere ampia è la letteratura delle esternazioni di esponenti del governo, a partire dal Guardasigilli Carlo Nordio, contro i magistrati.

Di recente Nordio, a proposito del Referendum sulla giustizia, ha detto che se prevalessero i no la vittoria non sarebbe della sinistra ma delle procure. “Ritorneremmo ancora, dopo tanti anni distorti, a una Repubblica sottomessa o comunque condizionata dal potere dei magistrati”, ha insistito. Centri per il rimpatrio in Albania. Giorgia Meloni lo scorso anno, definendo “pregiudiziale” la decisione dei giudici di Roma sui migranti in Albania , dichiarò quanto segue: “E’ molto difficile lavorare e cercare di dare risposte a questa nazione quando si ha anche l’opposizione di parte delle istituzioni che dovrebbero aiutare a dare risposte”.

E incontrando Edi Rama, qualche giorno fa, a una domanda diretta sulle decisioni dei magistrati italiani ed europei che hanno cassato il progetto dei Cpr in Albania, Meloni ha affondato il colpo contro le toghe: “Quando entrerà in vigore” il nuovo Patto Ue su migrazione e asilo i centri “funzioneranno come dovevano funzionare dall’inizio, avremo perso due anni per finire esattamente com’era all’inizio”. La responsabilità, ha aggiunto, “non è la mia, ciascuno si assumerà le sue”. E ancora: “Molti hanno lavorato per frenare o per bloccare il progetto, ma noi siamo determinati ad andare avanti”.

Dal caso Almasri alla Manovra, il complotto è servito

Sul caso Almasri val la pena ricordare quanto disse Meloni  sul pm che le aveva comunicato l’iscrizione nel registro degli indagati, Francesco Lo Voi. Un atto che è l’esempio di come “un pezzetto di magistratura vuole governare”, ma allora, incalzò la premier, “si candidino: non si può fare che loro governano e io vado alle elezioni”. La contrapposizione tra il governo e i magistrati sul caso Almasri, in generale, ha riguardato l’ipotesi, respinta dai magistrati, che l’indagine fosse una “vendetta” dei giudici contro il governo per contrastare la riforma della giustizia.

Recentemente Matteo Piantedosi ha criticato la Corte penale internazionale. “Su Almasri c’è stato un procedimento giudiziario e parlamentare, se ogni tanto qualcuno ci torna sopra e deve rappresentare delle verità alternative e postume…”, ha detto il ministro dell’Interno in replica alla Cpi che – secondo quanto ha riportato la Repubblica – smentirebbe il governo sui tempi relativi alla richiesta di arresto del generale da parte della Libia.

Il fronte aperto con la Corte dei Conti

Da tempo il governo ha aperto un fronte con i giudici contabili, a cui sta cercando di sottrarre poteri di controllo tramite la riforma della Corte dei Conti. Lo scontro si era acceso quando ministro era ancora Raffaele Fitto, a cui era stata affidata la regia del Pnrr. La colpa dei giudici sarebbe stata quella di aver mosso rilievi sui ritardi nell’attuazione del Recovery plan. Di recente la Corte dei Conti ha negato il visto di legittimità alla delibera del Cipess, necessario per far partire i lavori del Ponte sullo Stretto (e lunedì ha detto no anche al terzo atto aggiuntivo che regola i rapporti tra il Ministero dei Trasporti e la società concessionaria Stretto di Messina Spa). Immediata la reazione del governo. “La decisione della Corte dei Conti è un grave danno per il Paese e appare una scelta politica più che un sereno giudizio tecnico”, ha detto il ministro Matteo Salvini.

Contro i giudici anche Meloni: “L’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento”. Sul Ponte, come sul Codice degli appalti di Salvini, ha acceso un faro anche l’Anac. Critiche che qualche anno fa la Lega mal tollerò arrivando a chiedere il passo indietro dall’Anticorruzione di Giuseppe Busia.

Emblematica la sindrome del complotto con la Flotilla, colpevole di voler dar sollievo al popolo stremato di Gaza. Meloni dichiarò che si trattava di un’iniziativa prevalentemente fatta “non per consegnare gli aiuti ma per creare problemi al governo”.

La sindrome del complotto fa tappa anche in Europa

Quando nel luglio dello scorso anno il Rapporto sullo Stato di diritto della Commissione europea espresse preoccupazioni sull’indipendenza della Rai e su tutta una serie di norme varate dall’esecutivo di centrodestra in materia di giustizia, Meloni prese carta e penna e scrisse a Ursula von der Leyen . “Cara Ursula, qualche giorno fa, come accade ogni anno dal 2020, la Commissione europea ha pubblicato la Relazione annuale sullo stato di diritto dell’Ue (…). Il contenuto di questo documento è stato distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il governo italiano”. Un attacco dunque a stampa e opposizioni ma anche a chi quel testo lo aveva redatto.

Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo è arrivato a mettere in dubbio la capacità di Banca d’Italia, Istat, Ufficio parlamentare di bilancio e Corte dei conti di interpretare la legge di Bilancio. Le polemiche sul taglio dell’Irpef inserito in Manovra che premierebbe i più ricchi? Sono “frutto di analisi parziali con chiavi di lettura fuorvianti”, ha avuto l’ardire di dichiarare Leo in un’intervista al Sole 24 Ore. Complotti, complotti e ancora complotti. Mai un’autocritica o un’assunzione di responsabilità.

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