Trattativa difficile ma non impossibile. Tra Conte e Draghi si lavora senza sosta mentre il centrodestra tenta di sabotare l’intesa

Tra Conte e Draghi si lavora senza sosta mentre il centrodestra tenta di sabotare l'intesa con l'ennesimo blitz

Trattativa difficile ma non impossibile. Tra Conte e Draghi si lavora senza sosta mentre il centrodestra tenta di sabotare l’intesa

Trattare ma senza piegarsi. Si può sintetizzare così il messaggio che l’ex premier Giuseppe Conte ha voluto inviare a Palazzo Chigi in merito alla riforma del processo penale che, nonostante la disponibilità a dialogare, senza modifiche sostanziali non sarà votata dal Movimento 5 Stelle. Parlando con i parlamentari M5S, l’avvocato del popolo ha fatto il punto sullo stato della trattativa con Mario Draghi e Marta Cartabia dopo la recente apertura alle richieste grilline. Sul banco ci sono l’improcedibilità nei giudizi su reati di mafia e terrorismo che i 5 Stelle chiedono di eliminare e il meccanismo della “tagliola” che fa morire i processi se non si concludono in due anni in Appello e uno in Cassazione i cui termini devono essere aumentati e che non deve valere per quel tipo di crimini.

LA TRATTATIVA. L’unica certezza è che la trattativa c’è ma è tutt’altro che definita. Per questo Conte ai parlamentari 5S avrebbe spiegato che sulla “riforma della giustizia ci sono margini di manovra ristrettissimi” assicurando al contempo “ma li sto sfruttando tutti, ce la sto mettendo tutta”. Sempre secondo quanto trapela, l’ex premier ha spiegato che “è in corso un confronto costruttivo con Draghi” e a lui “ho detto che la proposta di riforma originariamente formulata pone problemi serissimi al Movimento” che in caso di voto di fiducia e “senza modifiche sostanziali”, non troverebbe “l’appoggio del Movimento”. Tuttavia sarebbero state tracciate delle linee guida su come lavorare per evitare lo strappo nella maggioranza e sono stati elencati i punti fermi su cui M5S non intende fare retromarcia, trovando “comprensione” da parte di Draghi.

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LA CONTROMOSSA. Proprio mentre Conte lavora a una trattativa col governo, Forza Italia tenta il blitz per cercare di far saltare il banco. Peccato che a disinnescare il tentativo ci abbia pensato il presidente della Camera, Roberto Fico, che ha dichiarato inammissibili gli emendamenti presentati dai berlusconiani alla riforma della procedura penale che riguardano l’abuso di ufficio in quanto “sono estranei alla materia”. Una decisione legittima con cui Fico ha confermato la decisione del presidente della Commissione Giustizia della Camera, Mario Perantoni, che venerdì aveva dichiarati gli stessi emendamenti come inammissibili. Nonostante ciò, il centrodestra non si arrende e così ha chiesto all’ufficio di Presidenza della Commissione di votare l’allargamento del perimetro del disegno di legge anche ai reati contro la pubblica amministrazione. Istanza su cui oggi stessi ci sarà il voto e che, in caso venga accolta, renderebbe ammissibile le proposte sull’abuso di ufficio, causando una dilatazione dei tempi e facendo naufragare la trattativa tra Conte e Draghi.

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L’INCONTRO COI PARLAMENTARI. In tarda mattinata c’è stato l’incontro, già annunciato ieri, tra Conte e i deputati del Movimento. Quasi due ore di colloquio al termine del quale l’ex premier, intercettato dai giornalisti, ha fatto il punto della situazione: “Abbiamo fatto delle osservazioni critiche, ho visto che sono condivise anche da buona parte degli addetti ai lavori. Non è per soddisfare esigenza ideologiche, di bottega del M5s. Stiamo lavorando per rendere più efficiente la giustizia, significa che dobbiamo celebrare i processi”. Riguardo ad un eventuale voto di fiducia, il leader in pectore di M5S ha fatto sapere che “non voler prendere in considerazione tale ipotesi” perché sarebbe una sconfitta per tutti e che ora è il momento di  lasciare “che il governo lavori” e soltanto in un secondo momento “poi valuteremo l’esito prima ancora tecnico che politico” perché la necessità resta “l’evitare che in un Paese come il nostro processi per mafia e terrorismo possano svanire nel nulla, lo dobbiamo a tanti servitori dello Stato che sono caduti nell’esercizio delle loro funzioni”.