Dopo i brutali raid di Israele, lanciati in risposta alle violazioni del cessate il fuoco da parte di Hamas e costati oltre 100 vittime palestinesi, tra cui 35 minorenni, (l’ultimo ieri pomeriggio), alzi la mano chi non ha creduto che la fragile tregua fosse ormai un lontano ricordo. Fortunatamente, nonostante questa nuova ondata di violenza che è tornata a insanguinare la Striscia di Gaza, a riportare la calma ci ha pensato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che — parlando con i giornalisti dall’interno dell’Air Force One — ha assicurato che “nessuno metterà a repentaglio il cessate il fuoco”, che resta e resterà valido.
Trump minaccia Hamas e fa tirare il freno a Netanyahu. Dopo i raid israeliani, a Gaza riparte la tregua
Del resto, la tesi del tycoon è che i recenti raid israeliani non devono essere interpretati come una violazione della tregua perché i miliziani “hanno ucciso un soldato israeliano. Pertanto gli israeliani hanno reagito e hanno dovuto farlo”. Si tratta di parole molto chiare che evidentemente hanno come destinatari sia Hamas — con il presidente degli Stati Uniti che ha lanciato un monito, avvertendo il gruppo terroristico che “se non si comporterà come deve sarà eliminato” — sia il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu, che sembra non vedere l’ora di trovare un pretesto per riprendere le ostilità.
Che il messaggio di Trump sia arrivato forte e chiaro ad entrambi i contendenti lo si è capito dalle dichiarazioni dei miliziani di Hamas, che si sono affrettati a ribadire — pur senza riuscire a essere davvero convincenti — di “non aver commesso alcuna violazione del cessate il fuoco da quando è entrato in vigore il 10 ottobre a differenza di Israele”, e da quelle delle Forze di Difesa d’Israele (Idf) che hanno deciso di ripristinare il cessate il fuoco a Gaza nella tarda mattinata di ieri.
Torna il cessate il fuoco ma Israele è “pronto a riprendere la guerra alla prima violazione da parte di Hamas”
Tutto risolto? Purtroppo no. I raid di martedì dimostrano quanto la pace sia appesa a un filo e potrebbero essere soltanto i primi di una lunga serie. Questo perché il ministro della Difesa di Israele, Israel Katz, parlando con la rete televisiva Channel 12, ha detto molto chiaramente che “chiunque attacchi i soldati delle Forze di Difesa d’Israele (Idf) e violi gli accordi (di cessate il fuoco) pagherà il prezzo più caro”.
“Non c’è e non ci sarà alcuna immunità per nessuno dei leader dell’organizzazione terroristica di Hamas, né per chi indossa abiti eleganti né per chi si nasconde nei tunnel. Chiunque alzi la mano contro i soldati dell’Idf, gli verrà mozzata”, ha aggiunto Katz, precisando che “le Forze armate hanno ricevuto istruzioni di agire con la forza contro tutti gli obiettivi di Hamas e continueranno a farlo in futuro”. Insomma, lo Stato ebraico sembra non escludere ulteriori azioni militari.
Ben Gvir minaccia Netanyahu: “Se non torniamo in guerra, questo governo non ha motivo di esistere”
Cosa ancora più preoccupante è che nell’amministrazione Netanyahu continuano a crescere i malumori, con l’estrema destra che minaccia una crisi di governo se la tregua dovesse diventare definitiva. A dirlo senza mezze misure è Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale del governo israeliano, secondo cui il primo ministro “deve tornare alla guerra su vasta scala e impegnarsi a raggiungere rapidamente il suo obiettivo principale: la distruzione di Hamas“. Qualora Netanyahu non dovesse mantenere “il proprio impegno a raggiungere tutti gli obiettivi della guerra” rinunciando “a smantellare Hamas” per “accontentarsi di una dichiarazione di ‘vittoria’ e di uno smantellamento apparente”, allora “questo governo non avrà il diritto di esistere”.
È un pressing, quello degli alleati di governo, a cui si spera che il leader di Tel Aviv sappia resistere, per evitare una nuova escalation capace di minare, forse in modo definitivo, le speranze di pace in tutto il Medio Oriente.