Dopo aver promesso che, in caso di elezione a presidente degli Stati Uniti, avrebbe posto fine alla guerra in Ucraina “in 24 ore”, Donald Trump – a oltre quattro mesi dal suo insediamento – sembra essersi arreso all’impossibilità di mantenere quella promessa. Proprio per questo, davanti all’evidenza che Vladimir Putin non intende fermare le ostilità, forte dell’iniziativa sul campo di battaglia, il tycoon starebbe preparando una strategia di disimpegno degli Stati Uniti dal conflitto.
La linea è chiara da tempo: scaricare la responsabilità del protrarsi della guerra sui Paesi europei – accusati di essere “guerrafondai” – e sull’ostinazione di Volodymyr Zelensky, che continua a chiedere “una pace giusta” senza accettare compromessi. Nessuna critica, invece, per lo zar, con il quale Trump sembra condividere non solo un rapporto personale, ma anche interessi geostrategici – in chiave soprattutto anti-cinese – ed economici, che potrebbero riattivarsi una volta normalizzati i rapporti tra Washington e Mosca.
Ciò che preoccupa maggiormente è l’evidente instabilità dell’inquilino della Casa Bianca, che cambia spesso posizione. Ne è prova la gestione altalenante del dossier sanzioni: martedì ha criticato la decisione di Bruxelles di approvare il 17° pacchetto di misure contro Mosca, sostenendo che “potrebbero spingere il Cremlino a interrompere le interlocuzioni”; il giorno successivo, ha dichiarato che l’eventuale imposizione di nuove sanzioni dipenderà da “come si comporterà Putin nei negoziati”.
Trump si arrende sull’Ucraina e prepara l’exit strategy degli Usa dal conflitto
Ma non è tutto. Secondo quanto riportato da Politico, gli Stati Uniti si sarebbero opposti all’inserimento di “ulteriore sostegno” economico e militare all’Ucraina nella dichiarazione del G7, attualmente in fase di elaborazione dai ministri delle Finanze riuniti in Canada.
Che il disimpegno americano sia imminente lo ha fatto intendere anche il Segretario di Stato Marco Rubio, dichiarando di “aspettarsi che la Russia presenti le sue condizioni per un cessate il fuoco entro pochi giorni”. A quel punto, ha spiegato, la palla passerà a Kiev che, se dovesse rifiutare, potrebbe spingere l’amministrazione americana a “voltare pagina”.
Panico nell’Unione europea
Parole che hanno provocato preoccupazione in Ucraina e in Europa. A testimoniarlo è il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, che – commentando le fallimentari trattative tra Trump e Putin – ha dichiarato che il presidente degli Stati Uniti “ha probabilmente sottovalutato la complessità dei negoziati e la portata della propria influenza”.
Secondo Pistorius, Trump avrebbe commesso un grave errore “escludendo di fatto l’adesione dell’Ucraina alla Nato dal tavolo dei negoziati” e riconoscendo “le rivendicazioni territoriali della Russia”, finendo così per “arrendersi a Putin” invece di imporre un cessate il fuoco come auspicato.
A queste dichiarazioni ha risposto il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, affermando – in modo surreale – che “gli appelli europei a un cessate il fuoco incondizionato sono calcolati per sfruttare il momento e riarmare Kiev”. Parole che riecheggiano quelle di Trump sull’Europa “guerrafondaia” e che sembrano allontanare ulteriormente la possibilità di una risoluzione del conflitto. Tuttavia, da Mosca fanno sapere che Putin è “ancora disponibile a negoziare la fine della guerra” e che prosegue il “lavoro sul memorandum relativo a un futuro trattato di pace con l’Ucraina”, i cui contenuti “non possono essere resi pubblici”.