Le Lettere

Un’ipocrita equidistanza

Ci conosciamo e in nome della – spero – reciproca stima mi rivolgo a te. Come sai, rappresento una casa editrice. In questo drammatico periodo abbiamo deciso di esprimere solidarietà alla causa palestinese, convinti che la cultura non possa essere neutrale di fronte a una tragedia di dimensioni storiche. Tuttavia alcuni ci dicono che un’azienda, anche se culturale, non dovrebbe “schierarsi” politicamente. Ma mi chiedo: come si può pensare questo? Vedo tanti che tacciono: ma la cultura non ha il dovere di prendere posizione quando così profondamente sono violati i diritti umani e la giustizia? Grazie per il parere che vorrai darmi e per il lavoro d’informazione che svolgi.
Grazia Velvet Capone
via email

Cara Grazia, innanzitutto una presentazione per i lettori: sei la direttrice di Aurea Nox, giovane e nobile casa editrice siciliana, e ci conosciamo perché hai pubblicato il mio ultimo libro di racconti. Venendo alla tua domanda, non mi stupisce che ti invitino a desistere. Il silenzio è tipico dei conformisti e la parola “schierarsi” è emblematica. Quando ancora non ti conoscevo e proposi ad alcuni editori il mio libro su Gaza, prima che fosse pubblicato molti lo rifiutarono dicendo esattamente questo: che era un libro “schierato”, mentre loro erano “equidistanti”. Come se l’equidistanza tra il carnefice e la vittima fosse un valore. È invece un’ipocrisia pari a quella di tanti pseudo artisti che al Festival di Venezia, dove concorreva il film su una bambina trucidata dai soldati israeliani, sostenevano che “l’arte non si schiera”. L’arte invece o è schierata o non è. L’alternativa è essere complici del Male.

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