Urbanistica, la Cassazione sulle Torri Lac: per tutti i maxi-progetti non basta la Scia, serve il piano attuativo. E la Procura segna un altro punto

Per i giudici della Cassazione, nei maxi-progetti come nel caso delle Torri Lac, non si può costruire senza piano attuativo

Urbanistica, la Cassazione sulle Torri Lac: per tutti i maxi-progetti non basta la Scia, serve il piano attuativo. E la Procura segna un altro punto

Se i sei rinvii a giudizio per la vicenda delle Park Towers mercoledì avevano segnato un punto a favore delle tesi della procura di Milano, la sentenza n. 26620 della Cassazione del 21 luglio scorso, segna quantomeno il raddoppio. Motivando il sequestro impeditivo di aprile scorso delle ‘Residenze Lac’ – il progetto di tre torri in via Cancano a Milano, affacciate sul Parco delle Cave, realizzate da Nexity – i giudici hanno infatti dato pienamente ragione alle tesi sostenute dai pm Petruzzella-Clerici-Filippini-Siciliano circa l’inderogabilità dei piani attuativi in gran parte delle indagini per abusi edilizi che hanno coinvolto funzionari-dirigenti del Comune, costruttori e architetti di Milano, arrivando da marzo 2025 a contestare, a vario titolo, anche ipotesi di corruzione, induzione indebita e falso.

“Milano caso emblematico dello sfruttamento intensivo del territorio”

Il ‘caso Milano’ è l’emblema dei “guasti urbanistici” e dello “sfruttamento intensivo del territorio” quando, “con buona pace della complessità” viene meno il “senso profondo del principio della pianificazione degli interventi edilizi e di trasformazione urbana”. Un principio che serve a tutelare la “salute” e “l’ambiente” oltre che la scelta “fondamentale e insuperabile del legislatore statale” in “materia di governo del territorio”, scrive la Suprema Corte.

Ma, al di là del caso di specifico, la sentenza ha il merito di sancire una volta per tutte che è inderogabile un piano attuativo (piano particolareggiato o piano di lottizzazione) qualora si costruiscano edifici “impattanti” sopra i 25 metri di altezza o 3 metri cubi per metro quadrato di densità.

Senza piani, solo urbanizzazione incontrollata

Ma i giudici vanno oltre, sottolineando come essi servano a impedire che interventi di sola edilizia “diretta”, come gli iter accelerati con permesso di costruire o Scia, comprimano la “potestà, attribuita agli enti locali, di effettuare razionali ed armoniche scelte urbanistiche”. Al contrario, un “processo di urbanizzazione incontrollata” comporta “la nascita di agglomerati edilizi privi delle infrastrutture primarie e secondarie necessarie”, con la conseguenza di “ingenti spese” a carico della pubblica amministrazione per far fronte alle carenza sul territorio. Si tratterebbe in quel caso di “sfruttamento intensivo” al di fuori di un “disegno urbanistico”.

Piani attuativi anche per le aree densamente urbanizzate

La Suprema Corte, citando i colleghi della Cassazione civile, Consiglio di Stato e Corte Costituzionale, si pronuncia anche su uno dei punti sollevati spesso dai costruttori, ovvero l’utilizzo dei piani attuativi anche per “porzioni di territorio completamente edificate” e già “urbanizzate”, come potrebbero essere alcune vie o quartieri di grandi città e metropoli. È il cosiddetto “lotto intercluso”: un’area dove ci sono già “opere e servizi realizzati per soddisfare i necessari bisogni della collettività” come “strade, spazi di sosta, fognature, reti di distribuzione del gas, dell’acqua e dell’energia elettrica, scuole”.

Per i giudici “eccezioni” sono possibili sulla carta, ma di “difficile soluzione concreta” o “poco giustificabile” a fronte di leggi nazionali che fissano “comunque, anche in caso di apparente piena e precedente urbanizzazione” il “piano attuativo come luogo di accertamento della situazione”.

Dai giudici uno stop alle rivendicazioni di chi ha acquistato le case ritenute abusive

Infine la suprema Corte si pronuncia anche sulle cosiddette “famiglie sospese”, su tutti quei cittadini che hanno comprato case in stabili ritenuti dalla procura abusivi. Per i giudici “in caso di emersione, a fronte di un sequestro, di esigenze abitative, è solo apparente il contrasto tra l’interesse collettivo al ripristino della legalità urbanistica violata e quello alla abitazione”.

“La pianificazione urbanistica”, spiegano, “risponde non semplicemente ad una mera esigenza di prevalenza statale nella gestione del territorio, bensì ad un interesse pubblico all’organizzazione del territorio intesa non in sé, bensì quale strumento per assicurare la migliore crescita e sviluppo dei consociati”.

E, “in tale quadro, la tutela di autonomi diritti personali, quale quello della abitazione (per giunta nella struttura abusiva), non può ricercarsi in contrapposizione e in violazione di quegli strumenti normativi (id est la disciplina dell’urbanistica, dell’edilizia e più in generale dell’ambiente) che rispetto ai primi sono, piuttosto, serventi, nel senso della loro strumentale necessità per lo sviluppo migliore degli altri”.