Violenza sulle donne, siamo sempre lì. Le nuove rilevazioni diffuse da Istat, società scientifiche, università, sindacati e organismi internazionali delineano un quadro in cui la violenza maschile non arretra. Secondo il rapporto Istat 2025, 6,4 milioni di donne, pari al 31,9% tra 16 e 75 anni, hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Il dato complessivo appare immobile, ma dentro questa apparente stabilità cresce l’area più fragile: le giovanissime, oggi al 37,6% di vittimizzazione contro il 28,4% del 2014, e le studentesse, che raggiungono il 36,2%. Aumentano soprattutto le violenze sessuali, che nella fascia 16-24 anni sfiorano il 31%.
Un Paese dove la violenza è stabile, la prevenzione no
Nei Pronto soccorso, nel 2024, sono stati registrati 250mila Codici rosa. Per la Società italiana di Medicina d’Emergenza è un «indice drammatico» che si ripete da anni, mentre le risorse restano «insufficienti» per garantire una presa in carico adeguata. A questa fragilità strutturale si aggiunge quella del sistema giudiziario: la Relatrice speciale Onu Reem Alsaleem denuncia «pregiudizi radicati» tra magistrati e periti, che spesso ignorano la violenza psicologica e continuano ad applicare in modo automatico il principio della bigenitorialità, anche quando questo espone donne e minori a rischi ulteriori.
Il sommerso rimane una voragine: solo il 13,3% delle vittime denuncia almeno una delle violenze subite; tra chi convive con il partner violento la quota precipita al 3,8%. Il 22,5% delle donne non racconta a nessuno quanto ha subito, percentuale che sale al 37,8% quando la violenza avviene nella relazione in corso. Le percezioni di pericolo confermano la gravità del fenomeno: il 46,8% delle donne che hanno subito violenze da un ex teme per la propria vita; tra chi ha subito stupri o tentati stupri la quota raggiunge il 55,6%. È un dato che, da solo, basterebbe a definire la natura strutturale del problema.
La richiesta ignorata: educazione, autonomia, prevenzione
Sul fronte sanitario arrivano segnali ancora più allarmanti. L’università di Torino documenta il legame diretto tra violenza nelle relazioni intime e comportamenti suicidari. Le ricercatrici parlano di «disintegrazione psicologica» e mostrano come molte donne, dopo un tentativo di suicidio, vengano dimesse dal Pronto soccorso senza che la violenza venga riconosciuta. Tornano così nella stessa casa da cui cercavano di fuggire, esposte a un rischio che la ricerca definisce «ricorrente e prevedibile». Anche qui emerge la necessità di formazione e protocolli obbligatori per l’identificazione precoce dei segnali.
Sul piano politico, il giudizio è severo. La Cgil parla di un «passo avanti» nella riforma sul consenso, ma affianca al riconoscimento una critica netta alle «politiche sbagliate» del governo: l’assenza di educazione affettiva, l’attenzione quasi esclusiva alle misure di ordine pubblico, il sottofinanziamento dei Centri antiviolenza e l’assenza di investimenti sul lavoro stabile per le donne. «La violenza non si contrasta solo con misure securitarie», ricordano, ribadendo l’urgenza di strumenti strutturali come un Reddito di libertà permanente, percorsi di formazione nei luoghi di lavoro e servizi universali di sostegno.
Le organizzazioni giovanili
In strada, intanto, le organizzazioni giovanili provano a coprire i vuoti lasciati dalla politica. I “quaderni rossi” di Save the Children, con pagine volutamente bianche, denunciano l’assenza di educazione all’affettività nelle scuole. Le loro analisi indicano che più di un’adolescente su due ha vissuto comportamenti aggressivi nelle relazioni sentimentali e che il 30% degli adolescenti considera la gelosia un atto d’amore, non un segnale di controllo. È una normalizzazione della violenza che parte dall’adolescenza e arriva fino alla vita adulta.
Il quadro che emerge dalle fonti ufficiali è univoco: la violenza è stabile, intergenerazionale, riconosciuta, documentata. Quello che manca è una risposta politica all’altezza. L’Italia del 2025 è un Paese che conosce perfettamente la dimensione del problema; resta da capire quando sarà pronta ad affrontarlo davvero.