Vito Piccarreta è indagato per il disastro ferroviario in Puglia. Il capostazione di Andria spiega le sue ragioni e si dice vittima dell’incidente

Il capostazione di Andria, Vito Piccarreta, racconta il suo dolore. E spiega che anche lui è vittima dell'incidente avvenuto in campagna.

Un dramma doppio. Con il bilancio ufficiale di 23 morti e 50 feriti. E una vicenda che travolge anche quelli che sono stati indicati come i possibili responsabili dell’incidente ferroviario avvenuto tra Andria e Corato martedì 12 luglio. Vito Piccarreta, capostazione di Andria e ferroviere da 24 anni, è un uomo distrutto e sotto assedio. E per prima cosa ammette: “Ho fatto partire io quel treno, sono stato io ad alzare la paletta”. Cerca di spiegare come sono andate le cose: “Martedì mattina i treni sulla linea erano in ritardo. Hanno messo un convoglio aggiuntivo da Bari in direzione Barletta. Dunque, in quella fascia oraria, dovevano passare in tutto tre treni”. Poi, purtroppo, qualcosa non è andata come doveva. “Proprio da questa stazione è stato dato l’ok alla partenza di un convoglio in direzione opposta, dopo il passaggio del secondo treno. Potrebbe essere andata proprio così”.

Insomma, una sovrapposizione di eventi, compreso il caos registratosi qualche minuto prima alla stazione di Andria. Un convoglio era appena ripartito, ma ha dovuto fare retromarcia perché una ragazza disabile doveva scendere. Così è arrivato il via libera al treno. Una paletta verde che non doveva essere alzata. Dall’altra parte c’è il capostazione di Corato, Alessio Porcelli, amico di Piccarreta e molto vicino alla pensione. Porcelli legge il fonogramma e dà il via libera all’altro treno. Inconsapevole di quello che sarebbe accaduto di lì a pochi minuti. Il figlio di Porcelli ha raccontato lo stato d’animo del padre. “È molto addolorato. Non solo per le persone che viaggiavano sul treno, ma anche per una cosa che molti sottovalutano: in quell’incidente ha perso dei colleghi, i macchinisti”.

Ma il dolore dei due capistazione al momento non ha trovato grande solidarietà. Nessuna dichiarazione pubblica porta in questa direzione. L’unico è Cataldo Angione, ferroviere in pensione. “State vicino al povero Vito, non lasciatelo solo, vi prego. Deve essere terribile vivere con addosso il peso di tutti quei morti. Non è colpa sua, credete a me. È un uomo serissimo, lucido, un collega molto stimato”. Dal procuratore capo di Tran, Francesco Giannella, ha comunque garantito: “Non ci fermeremo ai dati evidenti, alle soluzioni semplicistiche. Cercheremo tutte le responsabilità, anche quelle di natura diversa”.