A Palermo successo della diplomazia italiana sulla Libia. La stabilità dell’area adesso non è impossibile. Parla Di Stefano: “La strada da percorrere è ancora lunga”

Un successo della diplomazia italiana. E a dimostrarlo non c’è solo la foto che ritrae Giuseppe Conte con Khalifa Haftar e Fayez al-Sarraj. Per il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, il cambio di passo e di approccio sulle questioni internazionali rispetto al passato è visibile anche dalla conferenza di Palermo. “È stato un evento che ha visto la partecipazione di delegazioni provenienti da 30 Paesi diversi. Abbiamo dimostrato che i riflettori della comunità internazionale sulla questione libica non si sono mai spenti”, dice il sottosegretario.

Sulla conferenza, però, le campane sono molto diverse: c’è chi pensa sia stato un flop vista l’assenza di Trump e Putin. Chi ha avuto ragione?
“Questa è stata una conferenza organizzata per la Libia, non una vetrina per le diplomazie delle grandi potenze mondiali. E la foto tra il generale Khalifa Haftar e il premier libico di unità nazionale Fayez al-Sarraj che si stringono la mano, credo sia la dimostrazione plastica del successo della conferenza. Attenzione, con questo non voglio dire che da domani abbiamo risolto tutti i problemi, ma che è stato fatto un primo importantissimo passo verso la stabilità e la sicurezza nel Mediterraneo. Stabilità e sicurezza che si tradurranno anche in risposte più efficaci contro l’immigrazione clandestina e il business degli scafisti. Quindi, in definitiva, in meno morti in mare”.

Parliamo della foto, cui anche lei faceva riferimento. Non c’è però il rischio sia la solita photo opportunity che poi non risolve nulla?
“La foto è solo un simbolo: un’immagine che sintetizza la due giorni di Palermo. Ma la conferenza è stata anche altro, e cioè un evento che ha visto la partecipazione di delegazioni provenienti da 30 Paesi diversi, dimostrando che i riflettori della comunità internazionale sulla questione libica non si sono mai spenti. Come detto, il sentiero verso la stabilizzazione dell’intera area non è semplice. Noi però abbiamo sicuramente iniziato a muovere i primi passi. A questo proposito vorrei ringraziare il presidente del Consiglio e il ministero degli Esteri per l’eccellente lavoro diplomatico, svolto in maniera encomiabile e in un contesto delicatissimo”.

Tanta polemica si fa su eventi internazionali come G8 o G20 ai quali si parla tanto ma spesso le promesse vengono disattese. Per alcuni il rischio anche in questo caso potrebbe essere esattamente lo stesso.
“Sinceramente preferirei stare lontano dalle polemiche e, le ripeto, credo veramente che si possa dire che la conferenza è stata un successo. Del resto, queste non sono solo parole mie, o di qualche altro esponente del Governo che ci tiene a far bella figura per il ruolo chiave che ha giocato il nostro Paese, ma le parole dell’inviato Onu per la Libia Ghassam Salamé”.

Renzi e Gentiloni sulla Libia hanno preferito restare sulla strada “comoda” dell’Onu, dialogando a senso unico con Tripoli, senza alcun confronto con gli altri soggetti del Paese. Il Governo già da qui segna un cambiamento rispetto al passato?
“Io credo che se si vuole veramente risolvere il problema, allora bisogna mettere al centro delle possibili soluzioni sempre gli interessi dei popoli, nel rispetto degli equilibri geopolitici, ma dialogando con tutti”.

C’è un cambio di passo rispetto al passato?
“Noi non siamo per i giochi di potere internazionali, ma per una soluzione concreta dei problemi che, altrimenti, prima o poi tornerebbero a galla. Ed è per questo che abbiamo spinto affinché il processo di pacificazione anticipasse qualsiasi discorso legato alle elezioni nel Paese. In questo sì, posso dire che il Governo del cambiamento sta imponendo un cambio di marcia e di mentalità anche sulle questioni internazionali rispetto ai vecchi esecutivi”.