Autogol dei sindacati, slittano le assunzioni della scuola. Così hanno fregato i precari

Chissà se tutti i precari che hanno protestato contro la riforma della scuola oggi scenderebbero ancora in piazza. L’effetto di quella protesta, cavalcata abilmente da sindacati e sinistra del Pd – che hanno costretto il Governo ad aprire su alcune delle novità del progetto – potrebbe essere quello di far slittare tutto di un anno. Si sposta la riforma, si spostano le modifiche contestatissime ai presidi, ma si spostano anche le centomila assunzioni che proprio i precari aspettavano in qualche caso da oltre dieci anni. Un bel successo davvero per chi aveva convinto migliaia di docenti e studenti a manifestare.

TEMPI TECNICI
Anche se il Governo non conferma questa ipotesi, e risulta impegnato a far approvare al Senato in seconda lettura il provvedimento (che però una volta modificato dovrà tornare alla Camera) i tempi tecnici per varare la riforma e predispore in tempo una tale mole di assunzioni non ci sarebbero già più. Molto probabile che la politica si prenda dunque un po’ più di tempo e le assunzioni slittino di un anno. Niente di più logico se dietro questi posti di lavoro non ci fossero però insegnanti sottopagati e senza la certezza del loro posto di lavoro. Disagi che spesso si trascinano da anni e che la riforma della cosiddetta Buona scuola in qualche modo voleva sanare. La piazza ha detto invece di no, i sindacati hanno alzato un muro e persino la vecchia nomenklatura del Pd è arrivata a deporre l’ascia di guerra dopo il voto non esaltante delle ultime regionali in cambio proprio di un ripensamento sulla scuola. Tutti contenti, dunque – manifestanti, sindacati e vecchia politica – ma al prezzo di lasciare a bocca asciutta migliaia di persone. Vite vere, che con la politica e i giochi di potere hanno poco a che spartire, ma che sono state inconsapevolmenmte vittime sacrificali di una battaglia politica fatta sule loro teste.

PRESSING DEI RENZIANI
Su questo possibile rinvio della legge di un anno ovviamente non ci sono comunicazioni ufficiali e il fatto che siano gli stessi ambienti renziani a far circolare l’ipotesi lascia pensare a una forma di pressione sulle opposizioni proprio per far presto e riuscire invece a portare a casa la legge, con le relative assunzioni dei centomila precari che potrebbero entrare in servizio a settembre. Non c’è dubbio che però le due cose – la riforma nel suo complesso da un lato e le assunzioni dall’altro – non potranno camminare su binari disgiunti. E l’ipotesi dell’area bersaniana di fare le assunzioni subito e rinviare la riforma all’anno prossimo è impraticabile. Intanto in Commissione Istruzione arrivano centinaia di emendamenti. L’apertura del premier, che all’ultima direzione Pd ha evitato la scissione del partito proprio cedendo sulla scuola, sembra aver scatenato tutti.

Scrutini in forte ritardo

di Carola Olmi

Per fortuna che l’Autorità di vigilanza sugli scioperi aveva vietato agli insegnanti di scioperare durante gli scrutini. Perché moltissimi docenti saranno pure bravissimi a trasmettere agli studenti la loro scienza, ma l’esempio che lasciano è devastante. Rispettando il divieto limitato giusto agli scrutini delle classi teminali, gli scioperi sono scattati subito dopo in tutta Italia, creando moltissime situazioni di disagio per i ragazzi e le loro famiglie. E non solo. Slittando gli scrutini adesso c’è il problema della sovrapposizione con gli esami di maturità. Un caos, insomma, che innervosisce sicuramente il Governo ma fa molto più male ai diretti interessati. I ragazzi, proprio coloro per i quali esiste la scuola, stanno vivendo uno dei periodi più importanti di tutto il loro percorso scolastico in un clima di incertezza e tensione.

BRACCIA INCROCIATE
A sentire i sindacati lo sciopero degli Piero Bernocchi, dei Cobas, stima che in Emilia-Romagna, Molise, Lazio e Lombardia gli scrutini effettuati fin ora non superano il 10 per cento. Inevitabile, soprattutto in quelle regioni dove le lezioni sono finite più tardi, che a causa proprio di questo sciopero gli scrutini non finiscano prima degli esami di maturità. Come faranno i professori a fare entrambe le cose? In molte scuole per questo motivo c’è nervosismo anche tra gli stessi professori. Una delle ipotesi per risolvere il problema è che si lavori anche la notte o di domenica. Oppure gli scrutini si svolgano il pomeriggio nelle ore lasciate libere dagli esami di maturità. In ogni caso un super lavoro che non fa certo bene alla qualità e alla serenità delle valutazioni sulla preparazione degli studenti. Proprio i ragazzi pagano così questo seconda round della protesta organizzata da tutti i sindacati della scuola con le grandi manifestazioni di piazza contro la cosiddetta riforma della Buona scuola. Un blocco compatto che sta producendo enormi danni agli stessi insegnanti. Nonostante il superlavoro già in atto e quelo che sarà necessario per recuperare il tempo perso con gli scioperi degli scrutini per le classi non terminali, la maggior parte di questi scrutini è già saltata. A Roma la situazione sarebbe particolarmente complessa, con diversi istituti rimasti indietro, tra cui il classico e linguistico Aristofane, il comprensivo Gandhi e lo scientifico e linguistico Innocenzo XII di Anzio.

BLOCCARE TUTTO È FACILE
Il successo della protesta è però generalizzato. Dal Piemonte alla Sicilia la percentuale di scrutini saltati oscilla fra il 50 e il 70 per cento. E questo perchè è sin troppo facile mettere in crisi le commissioni. Per giudicare il percorso formativo di ogni singolo studente è infatti necessario che a riunirsi sia l’intera commissione degli insegnanti. Se uno solo di questi docenti incrocia le braccia tutti gli altri sono costretti a subire. E a perdere tempo prezioso che poi è difficile da recuperare se non accelerando le riunioni successive. A cosa serva dare battaglia contro il preside-sindaco o tutte le altre novità della riforma sulla scuola se poi l’effetto concreto è di sacrificare persino gli scrutini degli alunni è un mistero. E mentre l’iter della riforma avanza lentamente in Senato, esattamente come lentamente procedono gli scrutini, le scuole diventano teatri sempre più di scontro politico e meno di insegnamento e cultura.