Da Salvini un atto politico. Ma spetta al Senato valutarlo. Il costituzionalista Sorrentino: “Se passa questa linea il caso è chiuso. Il nodo è stabilire se ha agito nell’interesse pubblico”

Intervista al professor Federico Sorrentino, già ordinario di diritto costituzionale a La Sapienza di Roma

“Quello compiuto dal ministro dell’Interno è un atto politico”. Non ha dubbi il professor Federico Sorrentino, già ordinario di diritto costituzionale a La Sapienza di Roma ed ex presidente dell’Associazione Italiana Costituzionalisti, che aggiunge: “La sottoposizione della politica alla magistratura è stabilita dalla legge”. Per poi illustrare quale sia la strada che potrebbe segnare il destino politico del leader leghista, dopo la richiesta di autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini inoltrata al Senato dal Tribunale dei Ministri, e quali effetti potrebbe avere sul rapporto tra potere politico e giudiziario.

La richiesta del Tribunale dei Ministri di processare Salvini può determinare una sottoposizione della politica al potere giudiziario?
“Quello compiuto dal ministro dell’Interno è certamente un atto politico e il fatto che ci troviamo davanti a una richiesta di autorizzazione a procedere contro di lui dimostra chiaramente che c’è una sottoposizione della politica alla magistratura, ma questo è stabilito dalle norme. Esaminiamo bene la legge. L’assemblea del Senato nega a maggioranza assoluta l’autorizzazione (la metà più uno dei membri dell’assemblea cioè 160 visto che il senato è composta da 315 senatori eletti e da 3 senatori a vita), che deve essere motivata con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante, ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della Funzione di Governo. Quindi se il Senato, a maggioranza assoluta, arriva a questa conclusione, indubbiamente riemerge il primato della politica perché afferma che, sia pure in ipotesi illecita, l’atto era teso a questo preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo. Ed è questo, a quanto ho capito, ciò a cui tende il ministro dell’Interno”.

Cosa succede nel caso in cui non si dovesse raggiungere la maggioranza assoluta necessaria a Salvini per evitare il processo?
“A maggioranza semplice si può dare l’autorizzazione a procedere e questo riporta la questione nell’ambito del giudizio penale. Ed è facile che l’autorizzazione venga concessa perché la maggioranza assoluta in Senato è piuttosto difficile da raggiungere per l’attuale coalizione di Governo. Bastano due o tre mal di pancia tra i senatori”.

Come influisce su questo voto la riforma del regolamento del Senato varata nella scorsa legislatura?
“Adesso al Senato gli astenuti non si considerano più come voti contrari ma come veri e propri astenuti e quindi la maggioranza semplice si forma senza il loro concorso, e questo per gli equilibri politici può avere qualche significato”.

Il via libera a processare Salvini può avere contraccolpi sul Governo?
“Se il Senato dà l’autorizzazione il Governo si sente coinvolto, non sbaglia Salvini, sul piano politico, a dire guardate che se danno l’autorizzazione, e io sono indagato, siete indagati anche voi come componenti del Governo, perché queste sono le conseguenze politiche dell’atto giudiziario”.

Quale iter seguirebbe il processo a Salvini, nel caso in cui fosse concessa l’autorizzazione a procedere?
“Il Tribunale dei Ministri dovrebbe mandare le carte al Pubblico Ministero presso il Tribunale penale competente per territorio, che è quello del distretto di Corte d’Appello dove è avvenuto il fatto. A quel punto il Pm farà o il decreto di archiviazione o quello di rinvio a giudizio, poi il procedimento prosegue con il rito ordinario davanti al Giudice per le Indagini Preliminari prima, e al Giudice per l’Udienza Preliminare dopo”.