In ripresa il nostro export. Tranne agroalimentare e auto. Record del Made in Italy: +9,6% su base annua. Chi compra di più? Usa, Germania e Svizzera

Il Made in Italy torna a correre sui mercati esteri, con sue sole inattese eccezione di due nostre eccellenze: l’agroalimentare e l’auto. A fare il punto è l’Istat, che ha registrato un recupero del commercio italiano con l’estero in recupero a ottobre scorso dopo il calo di settembre. E non di poco. Le nostre esportazioni sono cresciute infatti del 2,5% rispetto al mese precedente e del 9,6% su base annua. Si tratta dell’aumento maggiore da quasi un anno, a partire da novembre 2017 (+9,9%).

Anche le importazioni aumentano del 2,1% rispetto al mese precedente e del 14,2% sull’anno. I paesi che contribuiscono di più all’incremento dell’export (cioè chi compra di più i nostri beni e servizi) sono Stati Uniti (+22,3%), Germania (+7,7%), Svizzera (+16,2%), Francia (+4,6%) e Paesi Bassi (+20,8%). Tra i settori, invece, spiccano articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+45,0%). In diminuzione, su base annua, le esportazioni di autoveicoli (-8,1%) e di prodotti dell’agricoltura (-5,6%).

Nel periodo gennaio-ottobre 2018, la crescita tendenziale dell’export è pari a +3,8%. Preoccupante invece la battuta d’arresto per l’esportazione dei prodotti agricoli che a ottobre registrano, su base annua, un calo secondo solo al settore dell’auto, in controtendenza con gli altri comparti merceologici, per via delle sanzioni sull’export verso numerosi Paesi.

L’aumento congiunturale dell’export – ha spiegato l’Istituto di statistica – è dovuto all’incremento delle vendite verso i mercati extra Ue (+5,3%) mentre quello verso l’area Ue è meno intenso (+0,4%.). L’Italia resta comunque il nono esportatore mondiale di prodotti agroalimentari, ma questo settore ha potenzialità inespresse enormi nell’intercettare i bisogni di economie emergenti e soddisfare nuove nicchie di mercato. Se l’export è 40 miliardi l’anno e l’italian sounding 100, significa infatti che ci sono prodotti che occupano mercati dove le nostre eccellenze non arrivano.