Jean-Claude Juncker avverte l’Unione europa: il patto di stabilità non può diventare patto di flessibilità

Il Patto di Stabilità non può e non deve diventare "patto di flessibilità". Il presidente Ue Jean-Claude Juncker chiaro nel suo discorso sull'Unione.

Il Patto di Stabilità non può e non deve diventare “patto di flessibilità”. Il presidente dell’Unione europea Jean-Claude Juncker, nel suo discorso sullo stato dell’Unione, è tornato su uno dei temi portanti delle problematiche economiche dell’Eurozona. “Non vogliamo un patto per la flessibilità – dice il lussemburghese – ma una sua applicazione intelligente nel rispetto delle regole esistenti”. Nel discorso anche la disoccupazione e ulteriori investimenti da qui al 2022 per 630 miliardi di euro.

BREXIT E CANADA – Il presidente della Commissione Europea ha difeso il Ceta, ovvero l’accordo di libero scambio con il Canada, che è “il miglior accordo commerciale che abbiamo siglato”. Tra i temi toccati da Juncker non poteva mancare, ancora, il tema Brexit, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, “che non deve essere considerata una minaccia per l’esistenza stessa dell’Ue. I nostri amici e partner internazionale si chiedono con preoccupazione se la Brexit non sia l’inizio dello scioglimento dell’Unione – ha spiegato Juncker – ma noi siamo sicuri che, pur rispettando e deplorando questa decisione, non ci sia un pericolo per l’esistenza dell’Ue”.

LAVORO – Juncker, ancora, ha difeso quanto fatto dall’Unione europea in tema di lavoro e occupazione. “Dal 2013 a oggi –  ha ricordato il presidente Ue – sono stati creati 8 milioni di nuovi posti di lavoro in tutta Europa, ma il livello di disoccupazione resta ancora troppo alto”. Certo, ancora molto deve essere fatto, ha riconosciuto Juncker. Ed è per questo che non ci si può arrestare in tema di investimenti. Una proposta del presidente della commissione europea che apre al potenziamento proprio del nuovo Fondo europeo per gli investimenti. Che dovrà muovere 315 miliardi entro il 2017 oltre ai 160 miliardi già mobilitati. L’idea lanciata da Juncker, che dovrà passare dal vaglio di governi ed Europarlamento, è di far circolare capitali prevalentemente privati per 500 miliardi entro il 2020 con l’obiettivo di arrivare a 630 miliardi nel 2022. In questo quadro dovranno essere aumentati anche i contributi della Banca europea degli investimenti e riscritto in questo senso pure il bilancio dell’Unione.