La Corte Costituzionale apre all’eutanasia. Non è punibile l’aiuto al suicidio. Il radicale Cappato ha vinto la sua battaglia: “Da oggi siamo tutti più liberi. Ma ora serve una legge”

Comunque la si pensi, ieri è stato un giorno epocale per la storia del nostro Paese. Infatti dopo undici mesi e polemiche infinite, la Consulta ha decretato che l’aiuto al suicidio, nei casi come quelli del Dj Fabo, “non è sempre punibile”. In altre parole i giudici hanno ritenuto che, ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, non è perseguibile “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

Insomma, con una decisione che dimostra grande tatto e senso dell’equilibrio, è stato deciso per un sostanziale via libera all’Eutanasia che, però, deve essere limitata solo ed esclusivamente a casi di particolare gravità, in cui la vita è resa letteralmente insopportabile. Ma c’è di più perché ieri la Corte costituzionale ha anche tirato le orecchie alla politica. Infatti in attesa di un “indispensabile intervento del legislatore”, ha “subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Ssn, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”.

DECISIONE STORICA. Che la questione fosse delicata, era chiaro a tutti. E lo sapevano meglio di chiunque altro i giudici della Cassazione che già nel 2018 erano stati chiamati a prendere una posizione sul caso di Marco Cappato, il volto noto dell’associazione Luca Coscioni che rischiava fino a dodici anni di carcere per aver accompagnato il tetraplegico Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, in Svizzera a morire. In quell’occasione, la Consulta decise di rinviare la decisione prendendo un anno di tempo, chiedendo che nel frattempo il Parlamento mettesse mano ad una normativa ritenuta inadeguata e confusionaria. Peccato che la politica, come troppo spesso accade, abdicava al suo ruolo, sostanzialmente lavandosene le mani. Così la questione tornava nelle mani dei giudici che martedì, al termine di un lunghissimo procedimento, si ritiravano in una camera di consiglio durata fino a ieri notte.

REAZIONI CONTRASTANTI. Non si è fatta attendere la reazione de radicale Cappato, consapevole di aver segnato un momento destinato a fare storia, ha spiegato: “La Consulta ha deciso. Chi è nella condizione di Fabo, ha diritto a essere aiutato. Da oggi siamo tutti più liberi, anche chi non è d’accordo”. A suo parere questo risultato è “una vittoria della disobbedienza civile, mentre i partiti giravano la testa dall’altra parte”. Presente alla giornata evento anche Valeria Imbrogno, compagna di Dj Fabo, che conoscendo bene l’argomento aveva sempre sostenuto la battaglia di Cappato, ha dichiarato: “Accolgo questo pronunciamento con soddisfazione. Dà ragione ad una battaglia di libertà che io e Fabiano abbiamo iniziato anni fa insieme. Fa sentire un po’ meno il peso di tutta quella sofferenza che ha passato. È senz’altro una risposta positiva”. Immediate anche le reazioni critiche al verdetto con Massimo Gandolfini, leader del Family Day, che ha commentato: “È una legittimazione del suicidio assistito. Siamo molto amareggiati”.