La guerra tra giudici che strapazza la scuola

Di Angelo Perfetti

Oltre duemila persone appese da anni a un concorso. E non un concorso qualunque, quello per 2.386 dirigenti scolastici, i vecchi “presidi” con la definizione di qualche anno fa, coloro che hanno in mano le sorti della scuola primaria e secondaria, cioè del futuro dei nostri figli. Ma in quest’Italia di ricorsi e controricorsi, di burocrazia, di concorsi impostati male, di giudici che dissertano su ogni argomento – spesso senza avere nemmeno il quadro completo di ciò che accade – quella che raccontiamo è una storia comune. Attenzione però, comune perché purtroppo accade spesso che i concorsi vengano bloccati e sbloccati dai magistrati; ma passare dalla definizione di “comune” a quella di “normale” ce ne corre.

Quattro anni fermi
Perché non possiamo definire normale una procedura burocratico-amministrativa-legale per la quale un concorso avviato con un bando nel 2011 viene bloccata dal Tribunale amministrativo regionale dell’Abruzzo dopo le prove scritte del luglio 2012. Contestata, infatti, la composizione della commissione, il ruolo del presidente della stessa commissione, la determinazione dei criteri di valutazione ritenuti illogici, incoerenti e fittizi, la modalità di correzione degli elaborati. Insomma, praticamente tutto. E infatti il Tar, accogliendo la tesi dei ricorrenti, determinò l’azzeramento della procedura concorsuale. Tutto da rifare, dunque, se non fosse per l’ulteriore ricorso fatto a quel punto da chi aveva subito un danno dalla decisione del Tar: questa volta al Consiglio di Stato. Altro tempo che passa, altra situazione di incertezza.

Doppia decisione
Fino a pochi giorni fa, quando il Consiglio di Stato ha nuovamente rivoluzionato l’intero impianto accusatorio demolendo punto per punto le contestazioni fatte in prima istanza e rivalutando in toto l’operato della commissione finita sotto i riflettori. Secondo i giudici del Consiglio di Stato le ripetute dimissioni dei presidenti della commissione giudicatrice non hanno inciso sui lavori né hanno determinato discontinuità nelle valutazioni dei candidati; la tempistica della correzione dei compiti non è sindacabile e la figura del presidente è stata giudicata congrua e idonea.

Giudici approssimativi
La cosa più impressionante non è tanto la valutazione degli elementi in campo, che come in ogni processo possono essere visto da diversi punti di vista, anche diametralmente opposti, ma la valutazione che viene fatta dell’operato stesso dei giudici del Tribunale amministrativo regionale che avrebbero omesso di valutare la sussistenza in concreto di effettivi vizi sul procedimento valutativo e hanno persino richiamato una norma non applicabile. Insomma, i giudici si sono sostanzialmente fidati delle parole dei ricorrenti – è la tesi del Consiglio di Stato – erroneamente ipotizzando lacune non riscontrabili nella realtà.
Insomma, giudici contro. E non per una questione meramente di merito, ma di metodo. Peccato che nel frattempo migliaia di persone siano rimaste appese a un concorso senza sapere se, come e quando avrebbero finito definitivamente il proprio percorso di avvicinamento a un posto così delicato e importante come quello di dirigente scolastico.