Pinto, la grande abbuffata di un mandarino tuttofare

di Stefano Sansonetti

Un tripudio di stipendi pubblici e poltrone che coinvolge anche l’esercizio di una professione “privata”. E che professione. Al centro di questo intreccio c’è Marco Pinto, fino a qualche tempo fa grand commis del ministero dell’economia dove ha ricoperto ruoli di vertice tra gabinetto e ufficio legislativo con un’incredibile quantità di ministri: da Giulio Tremonti a Vittorio Grilli, passando per Tommaso Padoa-Schioppa, Vincenzo Visco e Mario Monti. Insomma, una figura che più trasversale non si può. Poco tempo fa, però, è arrivato il colpo di scena. Complice l’aria di cambiamento al dicastero di via XX Settembre, Pinto ha lasciato il dicastero e si è messo a fare il notaio. E’ già ampiamente operativo, nel suo studio di Roma. Il titolo, del resto, era stato conseguito anni fa. Sì, perché dopo essere diventato magistrato ordinario nel 1987, e magistrato amministrativo nel 1992, Pinto ha vinto il concorso notarile nel 1996. Professione che però, a quanto pare, finora non era mai riuscito a esercitare. Ma c’è di più.

Poltrone multiple
Si dà infatti il caso che il magistrato-notaio, nonostante l’uscita dal ministero del Tesoro, continui a sedere nel consiglio di amministrazione della Rai, dove fu nominato su indicazione di Monti, allora premier e contemporaneamente ministro dell’economia. Per non parlare dello scranno che manitiene tutt’ora nel consiglio di amministrazione della Difesa Servizi spa. Qui arrivò sempre su indicazione “informale” del Tesoro, sebbene la società sia al 100% del ministero della Difesa. Anzi, in quest’ultimo consiglio di amministrazione prese il posto di Gaetano Caputi, altro mandarino ministeriale che si era nel frattempo trasferito alla Consob come direttore generale. In tutto questo al vertice del ministero dell’economia è arrivato Fabrizio Saccomanni, che nei giorni scorsi ha provveduto a un rapido cambio degli uomini chiave del suo staff. Rebus sic stantibus, sono in molti a chiedersi che cosa ci faccia ancora Pinto in questi due consigli di amministrazione, visto che non è più un funzionario del Tesoro. Così come qualcuno fa notare come lo stesso Pinto mantenga l’incarico di professore alla Scuola superiore dell’economia e delle finanze, istituto del ministero del Tesoro spesso entrato nel mirino di emendamenti e progetti di legge che avrebbero voluto cassarlo in quanto ente inutile (vedi La Notizia del 24 maggio scorso).

Stipendio d’oro
Proprio dal sito della Scuola superiore si apprende che l’emolumento annuale del professor Pinto è fissato in 264.800 euro. Come consigliere di amministrazione della Rai, invece, il grand commis incassa circa 65 mila euro. Ai quali va aggiunto il gettone di Difesa Servizi e da quest’anno lo “stipendio” da notaio, che da tradizione professionale promette di raggiungere cifre ragguardevoli. Per carità, è probabile che ai tempi in cui era al vertice degli uffici del Tesoro Pinto girasse al ministero parte dei compensi ricevuti come consigliere di amministrazione. Ma rimane il fatto che il notaio-magistrato oggi è fuori da via XX Settembre. E nonostante questo continua a occupare strapuntini che con quel ministero hanno a che fare. La Notizia ha provato ieri a contattare più volte Pinto, per chiedere conto della gestione di questo intreccio di poltrone ed emolumenti, senza ricevere nessuna risposta. Di fatto le stagioni attraversate, rimanendo sempre a galla tra centrodestra e centrosinistra, fanno di Pinto un mandarino molto trasversale e conosciuto. Protagonista, però, di una serie di cumuli che, a maggior ragione in un periodo di tetti agli stipendi, non possono non dare nell’occhio. Poprio a cominciare dal superdicastero di via XX Seetembre.

@SSansonetti