Ricevuta fiscale pure sul Taxi. Così l’Italia imita New York. La proposta in un emendamento alla Manovra

Turco: esenzione ingiustificata, è ora di cambiare. Alternativa Libera vuole la ricevuta fiscale pure sul Taxi

Due righe che potrebbero rivoluzionare un intero comparto. Contenute in uno delle migliaia di emendamenti alla Manovra all’esame della commissione Bilancio della Camera. “È fatto obbligo ai conducenti di taxi di emettere ricevuta fiscale completa di indicazione del percorso, della data e dell’importo della corsa”, recita la proposta di modifica a prima firma del deputato di Alternativa libera, Tancredi Turco. Una norma scontata se non fossimo in Italia. Dove, invece, la categoria dei tassisti è esentata dall’obbligo di rilasciare lo scontrino al termine di ogni corsa. “Per questo l’obiettivo è quello di equipararla al resto degli esercenti”, spiega a La Notizia l’autore dell’emendamento. “Anche perché – aggiunge – non si capisce per quale ragione i baristi, tanto per fare un esempio, debbano battere lo scontrino anche solo per un caffè e invece i tassisti siano esentati”.

Basta esenzioni – La norma che Alternativa libera vorrebbe introdurre nella Manovra trae spunto da un Occasional papers della Banca d’Italia del febbraio 2007. Dall’eloquente titolo “Il servizio di taxi in Italia: ragioni e contenuti di una riforma”. Uno studio nel quale, in concomitanza con le lenzuolate dell’allora ministro dello Sviluppo economico Pier Luigi Bersani, si sottolineava già come “la regolamentazione del settore” non fissasse “un livello ‘adeguato’ del reddito dei tassisti”. Né si proponesse “di verificare ex post i redditi dichiarati dagli operatori, anzi i tassisti italiani sono attualmente esentati dall’emissione di ricevuta fiscale”. E pure “gli studi  di settore evidenziano le difficoltà di stimare i redditi”, si legge nell’analisi, anche tenuto conto che “il tassametro non memorizza il prezzo delle corse giornaliere effettuate”. Ma non è tutto. “Nel 2004, in base ai dati dell’Agenzia delle Entrate, il reddito medio dichiarato da un tassista – ricorda lo studio di Bankitalia – era di 11.482 euro, a fronte di 20.345 euro di un operaio metalmeccanico”. Il punto, secondo Turco, è proprio questo. “Non è accettabile che ci si continui a basare sugli studi di settore per stimare il reddito dei tassisti – spiega il deputato di Alternativa libera –. è arrivato il momento di equiparare il trattamento fiscale a quello di tutte le altre categorie”.

Modello Usa – Insomma, il modello è un po’ quello seguito a New York. Dove, si legge ancora nell’Occasional Papers di Palazzo Koch, “i tassisti sono obbligati a compilare uno specifico modulo con i dettagli delle corse effettuate”. Moduli che “possono essere controllati (e confrontati con le indicazioni del tassametro) sia dalla polizia sia dagli ispettori della Taxi and Limousine Commission”. Certo, il rischio di una sollevazione contro la norma resta alto. Come accadde del resto proprio in occasione delle lenzuolate di Bersani quando, a colpi di blocchi del traffico, i tassisti riuscirono a stoppare la liberalizzazione delle licenze. Ma Turco è irremovibile: “Le ragioni di giustizia sociale prevalgono su tutto il resto”.