Riforma della giustizia, Bonafede tira dritto. I numeri gli danno ragione. Il Centrodestra non si rassegna: Lega e Forza Italia sognano l’impunità

Con quasi 6 milioni di processi aperti e una riforma che stenta a decollare per via dei veti incrociati della politica, l’inaugurazione dell’anno giudiziario (vedi articolo sopra) non è passata inosservata. Anzi è stata l’occasione perfetta per fare il punto della situazione da parte del guardasigilli, Alfonso Bonafede, intervenuto dopo il discorso del presidente Giovanni Mammone, come anche per le opposizioni che, in questo clima di perenne campagna elettorale, non hanno perso tempo per lanciarsi nell’ennesimo attacco a testa bassa contro chi, dopo anni di malgoverno, cerca di far ripartire la macchina della Giustizia. “Considero, personalmente, una conquista di civiltà il nuovo regime della prescrizione entrato in vigore dal 1 gennaio 2020” ha spiegato il guardasigilli togliendosi qualche sassolino dalla scarpa.

Un intervento a tutto tondo in cui Bonafede non si è risparmiato spiegando come il governo stia continuando gli investimenti nell’edilizia penitenziaria e i lavori per far fronte al sovraffollamento carcerario oltre al tentativo di migliorare le condizioni di lavoro del personale civile e di polizia. “Abbiamo continuato ad investire sul lavoro dei detenuti come forma principale di rieducazione, sviluppando circa 70 protocolli con vari enti per i lavori di pubblica utilità, nonché istituendo un ufficio centrale che coordina e promuove tutti i progetti in questo ambito. Nell’ultima legge di bilancio, tra l’altro, è stato dato un forte e nuovo impulso al settore dell’esecuzione penale esterna e dei minori”, ha aggiunto Bonafede che poi, senza tirarsi indietro, ha affrontato anche il tema dello scandalo del pm Luca Palamara precisando che “la crisi che ha investito il Csm nella primavera del 2019 si è scontrata con un assetto istituzionale forte e compatto che, sotto la guida fondamentale del presidente Mattarella, ha saputo reagire. Adesso è il momento di intervenire in maniera tale da evitare che episodi così gravi che minano alla base la credibilità del sistema giustizia possano ripetersi in futuro”.

Parole a dir poco condivisibili ma contro cui si sono scagliate le opposizioni. Prime fra tutte sono piovute le critiche di Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia, che, noncurante il richiamo del presidente Mammone ad approvare rapidamente la riforma della Giustizia, ha sparato a zero: “Il governo ha il dovere di ascoltare l’allarme sulla prescrizione lanciato stamani dal primo presidente della Cassazione, Mammone, secondo il quale gli effetti della riforma Bonafede porteranno di fatto alla paralisi della Corte suprema a causa di un insostenibile aumento del carico penale”. Sulla stessa lunghezza d’onda la senatrice della Lega Giulia Bongiorno, responsabile Giustizia del partito e che seppur contraria alla sospensione della prescrizione si turò il naso e lo votò durante l’esperienza di governo gialloverde.

Secondo lei, infatti: “L’allarme lanciato dalla Cassazione è la conferma che quello voluto da Bonafede è un provvedimento devastante per il nostro sistema penale”. Ma critiche non sono state lesinate neanche da Matteo Renzi. Da sempre critico verso il testo di Bonafede, anche ieri è tornato all’attacco: “Noi votiamo la nostra legge” nella speranza che “Fi ci segua e che magari anche il Pd si riscopra riformista”. Parole che devono aver fatto brillare gli occhi di Matteo Salvini, speranzoso che possano condurre ad una caduta del governo, ma che Renzi ha mitigato poco dopo precisando che in ogni caso “questo (voto, ndr) non comporterà alcuna crisi di governo”.