Trattativa giallorossa sul Mes. Obiettivo: risoluzione unitaria. Il ministro Amendola e la sottosegretaria Agea al lavoro per un testo condiviso da votare domani a Montecitorio

Il governo lavora a testa bassa alla ricerca di un’intesa sulla riforma del Mes da mettere nero su bianco in una risoluzione di maggioranza su cui il Parlamento dovrà dire la sua l’11 dicembre, dopo le comunicazioni del premier in vista del Consiglio Ue del 12 e 13 dicembre. E l’accordo non è lontano. Circola già una bozza di risoluzione. Ieri c’è stata una prima riunione di maggioranza a cui hanno preso parte anche il ministro per gli Affari Ue, Vincenzo Amendola (nella foto), e la sottosegretaria M5S Laura Agea. Che ha manifestato ottimismo: “In un clima unitario tutte le forze politiche di maggioranza stanno lavorando a un documento comune”.

LA TRATTATIVA. A favore di un’intesa gioca il fatto che l’eurosummit sul Meccanismo europeo di stabilità, ovvero fondo salva-Stati, sarà interlocutorio e, dunque, non metterà il premier nelle condizioni di dover prendere una posizione netta. L’Eurogruppo del 4 dicembre ha deciso che i negoziati proseguono e ha rinviato tutto alla sua prossima riunione di gennaio. A favore, soprattutto, giocano i risultati a cui è giunto, la scorsa settimana a Bruxelles, il numero uno dell’Economia Roberto Gualtieri. Il paracadute di salvataggio per le banche ci sarà senza condizioni, stop a modifiche del trattamento prudenziale dei titoli di Stato detenuti dagli istituti di credito, sì al principio di rendere meno facile la ristrutturazione del debito sovrano di uno Stato.

La risoluzione di maggioranza punterà su questi risultati: ne chiederà la formalizzazione, insisterà sulla logica del pacchetto e sulla necessità di dare l’ultima parola alle Camere. E così, si legge nella bozza, occorre “prevedere il pieno coinvolgimento del Parlamento in un’eventuale richiesta di attivazione del Mes”. Si “impegna il governo” ad “assicurare l’equilibrio complessivo dei diversi elementi al centro del processo di riforma dell’Unione economica e monetaria (cosiddetta logica di pacchetto Mes, Bicc, Unione bancaria) approfondendo i punti critici”.

A escludere “interventi di carattere restrittivo sulla dotazione di titoli sovrani da parte di banche e istituti finanziari e comunque la ponderazione dei titoli di stato attraverso la revisione del loro trattamento prudenziale”. A definire regole e procedure delle Clausole di azione collettiva (Cacs). A “escludere qualsiasi elemento che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico”. Gualtieri ha ribadito che all’Eurogruppo si è raggiunto un accordo di principio “non ancora finalizzato”. Il punto, ora, è capire se Luigi Di Maio riuscirà a domare il dissenso interno ai suoi gruppi.

NODO CINQUE STELLE. Tra i grillini c’è una fronda, non immune ai richiami sovranisti del centrodestra, che contesta non solo le modifiche ma la stessa ragion d’essere del Mes. Una frangia minacciosa soprattutto al Senato, dove i numeri ballano. “Ci vogliono convincere che alla fine approveremo solo un po’ di Mes… Ridicoli”, dice il senatore M5S Gianluigi Paragone. Ed è a questa fronda che si rivolgono i leader di Lega e Fratelli d’Italia in cerca di voti anti-Mes. Guardano con fiducia all’appuntamento di domani Gualtieri e Conte.

“Non ho mai paura del confronto tantomeno se è in Parlamento”, garantisce il premier. Che ha sempre assicurato, con un pensiero rivolto ai 5Stelle, che in Europa nessuna firma verrà posta senza garanzie. Su questo e sui risultati ottenuti dall’Italia con Gualtieri insisterà Giuseppe Conte nelle sue comunicazioni. In un quadro più ampio che guardi, oltre il Mes, a una riforma complessiva degli strumenti in dotazione dell’Europa finalizzati alla crescita. All’interno di un dibattito a cui l’Italia può e deve dare il suo contributo.