La Sveglia

Inconfessabili confessioni: ”Spariamo su chi ha fame”

A Gaza ufficiali e soldati israeliani hanno ricevuto ordini diretti di aprire il fuoco sui civili palestinesi radunati per ricevere aiuti.

Inconfessabili confessioni: ”Spariamo su chi ha fame”

C’è un campo di battaglia dove le armi puntano su chi ha fame. Si chiama Gaza, ma per molti ormai è solo un’eco sbiadita. Secondo un’inchiesta di Haaretz (“‘It’s a Killing Field’: IDF Soldiers Ordered to Shoot Deliberately at Unarmed Gazans Waiting for Humanitarian Aid”, 27 giugno 2025), ufficiali e soldati israeliani hanno ricevuto ordini diretti di aprire il fuoco sui civili palestinesi radunati per ricevere aiuti alimentari. Nessuna minaccia. Nessuna arma. Solo la disperazione di chi vuole portare un sacco di riso a casa.

Tra il 27 maggio e il 25 giugno, sono almeno 549 i palestinesi uccisi nei pressi dei centri di distribuzione, istituiti dalla Gaza Humanitarian Foundation, una creatura opaca legata agli ambienti evangelici statunitensi e al governo Netanyahu. I soldati raccontano di mitragliatrici, mortai e granate usati per “comunicare” con la folla. Si spara al mattino presto, si spara quando la distribuzione è finita, si spara se qualcuno arriva in anticipo. “Non ci sono nemici. Non ci sono armi. È un massacro”, ha detto un soldato.

La retorica che disumanizza l’intera popolazione di Gaza ha scavato un solco. “Non esistono civili”, è il mantra che si è fatto regola. Così diventa normale colpire adolescenti che corrono tra i camion degli aiuti. Normale sganciare una granata su chi si avvicina troppo. Normale dire: “Succede”.

La giustizia militare israeliana ha aperto un’indagine, ma lo fa per “raffreddare” le pressioni internazionali, non per difendere un’etica. Perché qui l’etica è saltata. Gaza è diventata un luogo dove le vite si pesano a colpi di mortaio. Dove l’umanitario è solo un’arma di guerra travestita. E l’indifferenza, il vero crimine sistematico.