Una disfatta totale. Per l’Ue e ancor di più per l’Italia. L’accordo sui dazi tra Washington e Bruxelles rappresenta, in realtà, una completa resa. La dichiarazione congiunta siglata ieri, dopo l’accordo politico raggiunto il 27 luglio da Donald Trump e Ursula von der Leyen, evidenzia come l’Europa abbia ceduto praticamente su tutto: tariffe al 15%, acquisti in armi e gas dagli Usa e nessuna esenzione. Neanche sul vino. Eppure l’Italia (e, a dire il vero, mezza Ue) festeggia per l’accordo, nonostante penalizzi proprio le imprese del nostro Paese.
L’accordo prevede una “tariffa massima e onnicomprensiva del 15% per la stragrande maggioranza delle esportazioni dell’Ue”, sottolinea la Commissione europea. Compresi alcuni “settori strategici” come auto, prodotti farmaceutici, semiconduttori e legname. Anche se sul settore auto l’accordo è più complesso, considerando che le tariffe scenderanno al 15% (dall’attuale 27%) solamente se e quando l’Ue azzererà i dazi sui prodotti agroalimentari dagli Usa. L’accordo è comunque ancora in divenire, con l’Ue che spera di estendere il regime ad altre categorie di prodotti.
La dichiarazione congiunta Ue-Usa sui dazi, nessuna esenzione sui vini
Previsti, intanto, dazi zero sugli aerei, sul sughero e sui farmaci generici. La Commissione si impegna invece a eliminare le tariffe su tutti i beni industriali statunitensi, mentre su acciaio e alluminio una soluzione si deve ancora trovare. Poi la beffa: restano i dazi su vino, alcolici e birra. Questione che riguarda molto da vicino l’Italia, che sperava in un’esenzione. Secondo l’Unione italiana vini, i dazi al 15% sul comparto potrebbero causare una stangata da 317 milioni in un anno. Per la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, la dichiarazione congiunta “garantisce le migliori condizioni possibili per le aziende e i consumatori europei”. Ed esulta pure Palazzo Chigi che parla di un “quadro chiaro” per il mondo imprenditoriale. L’importante, per Chigi, è “aver evitato una guerra commerciale”, anche se il prezzo lo pagheranno proprio le aziende italiane. Anche perché, come ammette anche il governo, nulla è stato fatto per le esenzioni sull’agroalimentare su cui la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, puntava.
Il ricatto su gas e armi
Ciò che von der Leyen e il governo italiano non dicono è che per ottenere i dazi al 15%, l’Ue ha ceduto su tutto. In primis, sull’acquisto di armamenti dagli Stati Uniti. Nella dichiarazione congiunta si prevede che Bruxelles aumenti “l’approvvigionamento di equipaggiamento militare e di difesa degli Stati Uniti, con il sostegno e l’agevolazione del governo statunitense”. Nella nota si parla della necessità di “approfondire la cooperazione industriale transatlantica in materia di difesa, rafforzare l’interoperabilità della Nato e garantire che gli alleati europei siano dotati delle tecnologie di difesa più avanzate e affidabili disponibili”. Peccato che in realtà si tratti solo di cedere ai ricatti di Washington con l’Ue che promette di acquistare più armi piegandosi ai diktat di Trump.
Bruxelles ha ceduto completamente anche sugli investimenti, per 600 miliardi di dollari, promessi dalle aziende europee negli Usa in settori strategici entro il 2028. Ancora, non ci sarà nessuna barriera sul digitale. E poi un altro completo cedimento sull’impegno ad acquisto di Gnl, petrolio e prodotti nucleari per 750 miliardi di dollari entro il 2028 dagli Stati Uniti. Che poi vuol dire 250 miliardi di dollari l’anno, ovvero più di quanto già oggi gli Usa esportano. Il che non fa escludere anche un aumento dei costi, con conseguenze in bolletta. Tanto che Assoutenti sottolinea come l’Ue dovrà comprare più gas dagli Usa, pagandolo di più rispetto alle forniture attuali, per costi maggiori che poi ricadranno sulle bollette dei consumatori italiani. A questo si aggiunge un nuovo impegno, spiegato dal commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic: Bruxelles, infatti, dovrà acquistare una fornitura costante di chip per l’intelligenza artificiale dagli Stati Uniti per “almeno 40 miliardi di dollari”.