Regionali, la partita del centrodestra: Salvini cede la Lombardia, la Lega si ribella

FdI ottiene il diritto di rivendicare la Lombardia nel 2028. Salvini parla di equilibrio, ma nella Lega cova la rivolta contro il leader

Regionali, la partita del centrodestra: Salvini cede la Lombardia, la Lega si ribella

Quando la nota di Salvini è uscita alle 20:07 di martedì sera, nei gruppi interni della Lega lombarda si è scatenato il caos. Il segretario aveva appena firmato, con Giorgia Meloni e Antonio Tajani, l’accordo che definisce le candidature per il mini-election day di novembre – Stefani in Veneto, Cirielli in Campania, Lobuono in Puglia – e che, tra le righe, assegna a Fratelli d’Italia il diritto di rivendicare la Lombardia alle prossime elezioni regionali.

La formula, cesellata a Palazzo Chigi dopo ore di trattativa, è burocratica ma inequivocabile: il candidato presidente «sarà annunciato al momento opportuno, riconoscendo il diritto al partito con il più recente maggior peso elettorale in Lombardia». In pratica, FdI. Alle Europee 2024 il partito di Meloni ha raccolto il 31,7% in regione contro il 13,1% della Lega. Il dato che chiude il cerchio e certifica la resa del Carroccio nella sua terra madre.

La rivolta del Nord

Il primo a reagire è stato Massimiliano Romeo, capogruppo leghista al Senato e vero dominus del partito in Lombardia. «Mai la Lombardia a Meloni» avrebbe detto ai suoi, rifiutando di firmare la dichiarazione congiunta e denunciando un cedimento “senza contropartite”. Fontana, che da giorni predicava calma («si vota nel 2028»), ha dovuto ammettere che la partita è ormai aperta. Tra i militanti lombardi si parla di “tradimento”, di un Salvini pronto a barattare il Pirellone in cambio del Veneto, dove la Lega manterrà la guida con Alberto Stefani, e di assessorati pesanti promessi a FdI per evitare la rottura.

Il clima nel partito è incandescente. Nei circoli del Nord si moltiplicano i messaggi ai dirigenti nazionali: «State regalando la nostra identità». Nelle chat dei consiglieri lombardi si cita Pontida, la roccaforte simbolica dove tutto era cominciato, come luogo “da riconquistare”. È il segnale di una base che non vuole consegnarsi a FdI senza combattere.

La mossa di Meloni

Dall’altra parte, Meloni gioca una partita perfetta. Senza nomi ufficiali ma con la forza dei numeri, incassa la formula che le spiana la strada al Pirellone. Nei corridoi di Palazzo Chigi circola già un nome: Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, figura civica e politicamente spendibile nel campo della destra. In estate aveva smentito ogni ambizione, ma ora il suo profilo torna nei colloqui tra Meloni e Lollobrigida. È la carta che potrebbe garantire una candidatura “di sistema”, capace di attrarre l’elettorato produttivo del Nord e rassicurare i moderati.

FdI, nel frattempo, si consolida in Veneto con un pacchetto di assessorati chiave – sanità e bilancio – o con la presidenza del Consiglio regionale, secondo i diversi scenari trapelati. Una compensazione che completa lo scambio politico: la Lega tiene il Veneto, Meloni si prende la Lombardia. 

La strategia e le crepe

Salvini prova a minimizzare: «Il Veneto non coinvolge la Lombardia», ha dichiarato, insistendo che la scelta del candidato avverrà “al momento opportuno”. Ma la formula che ha firmato sembra dire il contrario: se i rapporti di forza resteranno quelli, la Lombardia passerà a FdI senza discussione. Nella Lega qualcuno ricorda che il segretario aveva promesso di non cedere “nessuna roccaforte”, e che oggi la trattativa ha cancellato anni di narrativa sul “Nord produttivo contro Roma”.

L’ipotesi di anticipare il voto al 2027, accorpandolo alle politiche, è già sul tavolo. FdI la considera un’opzione tattica: votare prima significherebbe cogliere la Lega in piena crisi di consensi. In via Bellerio, invece, si teme il collasso organizzativo e si pensa a un rilancio sui temi identitari – autonomia, sanità territoriale, sicurezza – per contenere l’emorragia.

La posta in gioco

La Lombardia resta la regione più ricca e simbolica del Paese. Per la Lega rappresenta l’ultimo baluardo dell’identità padana, per FdI il sigillo dell’egemonia nazionale. Cederla significa ridisegnare la geografia del potere nel centrodestra e sancire la fine di una stagione politica.

Salvini oggi si trova tra due fuochi: Meloni che incassa il dividendo del suo consenso e la base lombarda che lo accusa di aver svenduto il Nord. A Pontida, la prossima volta, dovrà spiegare come si fa a difendere “le radici” mentre si firma la clausola che le estirpa.