Parigi, 5 nov. (askanews) – A dieci anni dagli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, il ricordo del Bataclan resta una ferita viva. Quella notte tre jihadisti uccisero 90 persone tra i 1.500 spettatori del concerto degli Eagles of Death Metal.Arthur Dénouveaux, sopravvissuto e oggi presidente dell’associazione Life for Paris, ha raccontato la sua storia nel libro Vivere dopo il Bataclan. “Il 13 novembre 2015 faccio una cosa che avevo già fatto tante volte: vado a un concerto, la vita è bella, può essere la serata migliore di novembre e invece sarà la peggiore. A un certo punto sento dei colpi, tolgo i tappi dalle orecchie e capisco subito che dev’essere un attacco terroristico”Alla presentazione, nella libreria di Parigi dove Dénouveaux incontra i lettori, ci sono anche Marianne Mazas, compagna di Fred Dewilde, il grafico sopravvissuto al Bataclan che si è tolto la vita nel 2024, e Aurélie Silvestre, compagna di Matthieu Giroud, ucciso quella notte. “Non avevo capito quanto si stesse sforzando per restare con noi e per vivere la sua vita – spiega Marianna Mazas -. Non sapevo come aiutarlo, e non sono stata l’unica a non vedere quanto fosse grande il suo impegno. È morto il 5 maggio 2024. Si è tolto la vita. Il giorno prima ridevamo ancora insieme”.”Abbiamo una storia fuori dal comune dentro una vita del tutto normale. E non è sempre facile tenere insieme le due cose. Perché da un lato non abbiamo la vita di tutti, e dall’altro sì, ce l’abbiamo. Viviamo un po’ ai margini, e a volte non è una posizione comoda. Per questo – dice Aurélie Silvestre – è così bello ritrovare gli amici che vivono la stessa condizione: è con loro che ci sentiamo davvero in pace”.”Dieci anni sono un traguardo, un momento per fare un bilancio. È anche il momento in cui scioglieremo la nostra associazione, per non restare prigionieri del ruolo di vittime. Mi sono chiesto spesso se proporlo fosse un errore. E poi c’è la questione delle commemorazioni, che per me ormai funzionano un po’ a vuoto. Ci ritroviamo tra vittime e rappresentanti politici, ma è difficile che quelle cerimonie parlino a tutti i francesi, che li spingano a partecipare. È una delle stranezze del 13 novembre: non abbiamo avuto una grande manifestazione dopo, perché allora c’era lo stato d’emergenza. E così, credo che questi dieci anni rappresentino anche l’ultima grande occasione per ritrovarci davvero, per creare un momento di unità”, conclude Dénouveaux.
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