La Giornata del non risparmio. Rito ipocrita dei poteri forti

di Stefano Sansonetti

La battuta non faceva altro che risuonare in tutte la sale del palazzo della Cancelleria a Roma: “Ormai si dovrebbe parlare di Giornata del non risparmio”. Come potrebbe essere diversamente, con le famiglie italiane che fanno sempre più fatica a mettere da parte un po’ di euro? La cruda realtà è che la Giornata mondiale del risparmio, giunta ieri all’edizione numero 89, è un rito logoro, completamente scollegato dalla realtà. E soprattutto è un rito in cui il padre padrone dell’Acri, l’ottantenne Giuseppe Guzzetti, da 12 anni al vertice dell’associazione delle fondazioni bancarie, non riesce proprio a fare un’autocritica di sistema. Anzi, ottiene numerosi appalusi dalla platea di banchieri, manager pubblici e politici accorsi all’appuntamento. Ieri, tanto per far capire di chi stiamo parlando, in prima fila c’erano il leader della decaduta Udc, Pier Ferdinando Casini, il capo di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli, il vicepresidente del Csm (e altro uomo Udc) Michele Vietti, l’ex sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta e il viceministro della sviluppo economico Antonio Catricalà. In seconda fila, accanto a banchieri come Alessandro Profumo (Mps), Federico Ghizzoni (Unicredit) e Carlo Messina (Intesa), spiccavano l’ex presidente del Consiglio di stato e cacciatore di poltrone Pasquale De Lise e il presidente della Ferrovie dello Stato Lamberto Cardia. Tutte facce più o meno da prima repubblica politica ed economica.

Gli interventi
E meno male che il giorno prima, come da tradizione, l’Acri di Guzzetti aveva diffuso il rapporto annuale sul risparmio realizzato dall’Ipsos (vedi la Notizia di ieri). Dati a dir poco allarmanti, se si considera che gli italiani che negli ultimi 12 mesi sono riuscita a risparmiare qualcosa sono solo il 29%. Senza contare che la famiglie che si sentono in crisi di risparmio sono cresciute al 43%. Non solo, quindi, si fa fatica a mettere da parte qualche euro, ma si vanno diradando anche i risparmi passati. Eppure Guzzetti, ieri, non ha fatto altro che erigere una barriera difensiva intorno alla fondazioni bancarie. Le quali, a suo dire, “hanno dato il loro contributo al paese non solo per realizzare un assetto del sistema bancario adeguato a un mercato di dimensioni europee e alla globalizzazione, ma anche per salvaguardare l’operatività della banche”. Di più, perché per Guzzetti “da parte delle fondazioni non si è trattato di cercare di mantenere posizioni di potere nelle banche, ma di accollarsi un impegno gravoso nell’interesse della banca e, soprattutto, della collettività”. Infine la ciliegina sulla torta: “Non corrisponde al vero, salvo l’unico caso di Siena, l’affermazione che tramite le fondazioni si sarebbero introdotti la politica e i partiti nelle banche”. Come se i vertici degli enti non fossero nominati da comuni, province e regioni e come se la stesse fondazioni non presidiassero ancora saldamente i principali gruppi bancari, a cominciare da Intesa e Unicredit. E poi una sola righetta dell’intervento dedicata al caso Siena è apparsa veramente troppo esile.

Gli intrecci
Anche perché è sin troppo facile far notare quanto andassero a braccetto Guzzetti e Giuseppe Mussari, ex presidente della fondazione e della banca Mps, ed ex pezzo grosso proprio dell’Acri, ora travolto dalle vicende giudiziarie. Per non parlare dei grandi elogi tributati ieri da Guzzetti alla Cassa depositi e prestiti, spa del Tesoro che in questi anni ha remunerato le fondazioni azioniste con laute cedole. Il suo presidente, per inciso, è l’ex ministro Ds Franco Bassanini, per ben due volte in passato eletto nel collegio elettorale di Siena e uno dei grandi artefici dell’ascesa di Mussari a Mps. E così, con i successivi interventi del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e del ministro dell’economia (ex dg di Bankitalia) Fabrizio Saccomanni, si è concluso un rito che più logoro non si può.