Acqua avvelenata dai debiti. In Campania è un salasso

di Clemente Pistilli

Un milione e mezzo di cittadini campani “condannati” a pagare bollette dell’acqua aumentate anche del 40%, per coprire i debiti della società che gestisce il servizio. Il Tar della Campania, nel 2012, aveva annullato quei rincari, ma la sentenza è ora ribaltata dal Consiglio di Stato. Un “sacrificio” che non sembra comunque risolutivo, visto che la Regione sta da qualche tempo vagliando la possibilità, in cambio di alcune assunzioni, di rinunciare a crediti per 157 milioni di euro, vantati nei confronti della spa dell’acqua, la Gori, che ha come partner privato una società controllata da Acea, la municipalizzata controllata a sua volta al 51% dal comune di Roma, insieme ad azionisti pedanti come i francesi di Suez-Gdf e il gruppo Caltagirone.

La “stangata”
Il 19 luglio 2009 è stato compiuto il primo passo verso l’ok al caro-bolletta da parte dell’Assemblea dell’Ente d’Ambito Sarnese-Vesuviano, che comprende 76 Comuni delle province di Salerno e Napoli, casa per un milione e mezzo di persone. Si tratta dell’Autorità che, con la legge Galli, è stata istituita per gestire il servizio idrico nella penisola sorrentina, a Capri, nell’area del Vesuvio, dei monti Lattari e del bacino del fiume Sarno, e che nel 2002 ha dato la gestione del servizio alla Gori spa.
Il 19 luglio l’assemblea, composta dai rappresentanti dei diversi Comuni, ha deciso di ripianare gli “scostamenti delle previsioni del piano finanziario e gestionale dai dati inseriti nella programmazione”.
Pur senza un progetto di revisione il 21 luglio 2010 l’assemblea dell’Ente ha aggiornato la tariffa idrica e nel 2011 ha approvato la “stangata”, aumenti da un +7,3% a un massimo del 37%. La delibera sui rincari è stata impugnata dalla Federconsumatori, dal Comune di Visciano e da vari Comitati per l’acqua pubblica. Nell’aprile dello scorso anno quegli atti sono stati così annullati dal Tar campano.

La sentenza
Non c’è stato quasi il tempo di festeggiare che la sentenza è stata ora ribaltata dal Consiglio di Stato, “condannando” i cittadini campani a farsi carico degli aumenti, tra l’altro retroattivi.
Palazzo Spada ha accolto l’appello presentato dall’Ente d’Ambito Sarnese Vesuviano, retto dall’onorevole Carlo Sarro, già Presidente dell’Autorità e ora commissario straordinario, nella precedente legislatura senatore e ora deputato, vicepresidente della Commissione Giustizia. Per i giudici, il fatto che i rincari siano stati approvati dai rappresentanti di soli 26 Comuni, il 46,62% dell’assemblea, non crea problemi.
Di un piano chiaro per l’Ato3 ancora nessuna traccia, tanto che il Consiglio di Stato ha specificato nella sentenza: “Deve solo essere sottolineato come tutte le parti del giudizio convengono sulla necessità di procedere quanto prima alla revisione del piano d’ambito, alla quale è opportuno si proceda in tempi brevi”.

Sacrificio infinito
Il sacrificio dei campani non sembra inoltre finito con le “salate” bollette. La Gori ha accumulato un debito enorme e la Regione sta portando avanti il progetto di rinunciare a 157 milioni di crediti vantati verso la società. La Gori, presieduta da Maurizio Bruno e con ad Giovanni Paolo Marati, ha come partner privato (37% di azioni) la Sarnese Vesuviano srl, con un capitale sociale detenuto al 99,79% da Acea spa. Il principale obiettivo aziendale indicato dalla Gori? “Rendere efficiente, efficace ed economica la gestione della risorsa acqua”.
Un obiettivo fissato solo sulla carta, in realtà ancora molto lontano da raggiungere, vista la situazione sulla quale nemmeno la magistratura amministrativa è riuscita a intervenire con un’unica voce.