Al Trivulzio i conti restano in rosso

Otto consulenti dovranno dire se i morti per Covid al Pio Albergo Trivulzio potevano essere evitate o furono conseguenza di cattiva gestione.

Al Trivulzio i conti restano in rosso

Nell’incidente probatorio di lunedì 6 marzo, la giudice per le indagini preliminari Marta Pollicino dovrà nominare otto consulenti che chiamati a rispondere al quesito se le centinaia di morti di anziani verificatesi nel Pio Albergo Trivulzio (Pat) nella prima fase della pandemia potevano essere evitate o furono conseguenza di cattiva gestione.

Otto consulenti dovranno dire se i morti per Covid al Pio Albergo Trivulzio potevano essere evitate o furono conseguenza di cattiva gestione

E, quindi, stabilire se le accuse di omicidio colposo ed epidemia colposa possano essere addebitate al direttore generale dell’Rsa milanese, Giuseppe Calicchio, per il quale i pubblici ministeri un anno e mezzo fa avevano chiesto l’archiviazione. Decisione alla quale si erano opposti i parenti degli anziani deceduti. Questa volta, però, i consulenti potranno esaminare non solo le cartelle cliniche fino al 30 aprile 2020, ma anche quelle di maggio e giugno, i mesi in cui si registrò la “strage degli anziani”.

Nonostante il buco il dg del Pio Albergo Trivulzio Calicchio, indagato per i morti della pandemia, si è attribuito 34mila euro di premio

Per Calicchio, nominato al vertice del Pat dal governatore Attilio Fontana, al quale spetta indicare il manager della struttura, mentre i cinque componenti del Consiglio di indirizzo sono nominati da Regione (2) e Comune di Milano (3), l’anno non si è aperto sotto i migliori auspici, se si eccettua un assegno di 34mila euro che lui stesso si è staccato come premio di produzione con una determina del 25 gennaio scorso. L’importo è stato calcolato nella percentuale del 20% della retribuzione annua “per i risultati raggiunti”.

Il fatto è stato denunciato alcune settimane fa dal sindacato Usb che ha chiesto le dimissioni del direttore generale, non avendo Calicchio tagliato alcun traguardo. Il bilancio preventivo, infatti, non è stato ancora firmato dal Consiglio di indirizzo, e per riparare al rosso dei bilanci degli ultimi tre anni, la direzione del Trivulzio ha provato prima a mettere all’asta alcuni terreni di proprietà dell’ente, poi alcuni immobili in zone centrali di Milano, tutti beni frutto di lasciti che benefattori milanesi indicano nel proprio testamento.

Una tradizione nata con lo stesso Pio Albergo Trivulzio a fine ‘700. Secondo una fonte della Notizia, che preferisce rimanere anonima, nessuna offerta sarebbe stata presentata per gli immobili di pregio che il Pat aveva messo sul mercato (tutti in zone centrali di Milano, la quotazione di mercato si aggira intorno ai 10mila euro per metro quadrato), e a pagare per questo sarebbe stata la responsabile del Patrimonio, “punita” da Calicchio con sei mesi di sospensione.

“Intanto”, chiarisce il nostro interlocutore, “lo statuto specifica che il ricavato della vendita di immobili deve essere utilizzato per migliorare la situazione dei reparti e dei pazienti, in questi ultimi tre anni il Trivulzio ha chiuso reparti e ridotto gli utenti. Quando finiranno gli immobili da alienare, cosa facciamo, chiudiamo tutto?”. Dal suo arrivo alla Baggina (come i milanesi chiamano il Pat), Calicchio ha instaurato un clima di terrore: ai dipendenti è vietato parlare con la stampa o esprimersi sui social senza preventiva autorizzazione della direzione, la clausola è stata inserita nel codice etico riscritto a fine 2022.

“Calicchio ha un modo tutto suo di chiudere qualsiasi confronto o richiesta di chiarimento, la sua frase preferita da rivolgere all’interlocutore che gli sottopone un’istanza è “ti ringrazio per avermelo detto, ma qui comando io”. Per la parte sanitaria, inoltre, dice la fonte anonima, “il manager sembra aver delegato di fatto la gestione a una dirigente medico a lui molto vicina”.

Laureato in filosofia, una lunga carriera in Caritas prima di fare il salto nel management pubblico, il direttore generale del Pio Albergo Trivulzio, sembra ispirare la sua direzione al saggio Sorvegliare e punire di Michel Foucault. Gestendo la Rsa con limitazioni più consone a un carcere, che hanno portato molti medici e infermieri a dimettersi.