di Antonello Di Lella
Sembrava avviarsi verso l’archiviazione la posizione dell’ex capo della Protezione Civile Guido Bertolaso nel processo Grandi Rischi 2 legato al terremoto dell’Aquila. Ma alla fine non è andata proprio così. La Procura generale, sollecitata dalle parti lese, ha deciso di avocare a sé le indagini e quindi Bertolaso risulta ancora indagato per omicidio colposo plurimo. Avrebbe istigato la commissione grandi rischi a tranquillizzare la popolazione in occasione della riunione che si tenne il 31 marzo 2009, solo qualche giorno prima del sisma del 6 aprile che rase al suolo il capoluogo d’Abruzzo provocando oltre 300 morti. Erano giorni, infatti, che la terra in Abruzzo tremava anche se con scosse di gran lunga inferiori a quella distruttiva. Ma la paura era già tanta.
Un passo indietro
La Procura della Repubblica per ben due volte aveva chiesto l’archiviazione nei confronti di Bertolaso, ma le parti lese si erano opposte chiedendo, poi, e ottenendo che la Procura generale avocasse a sé l’indagine. Il procedimento Grandi rischi 2 si ricollega a quello concluso nel 2012 con la condanna a sei anni di carcere per sette esperti che avevano preso parte alla famosa riunione del 31 marzo 2009. Colpevoli di aver dato false rassicurazioni ai cittadini dell’Aquila e dintorni. I condannati avrebbero fornito “informazioni inesatte, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità delle scosse registrate nei sei mesi precedenti il 6 aprile 2009”. Nel processo, invece, la difesa puntò tutto sull’impossibilità di prevedere i terremoti. E intanto mentre la comunità scientifica continua a interrogarsi l’ex capo della Protezione civile risulta ancora indagato a causa di alcune intercettazioni: sta ora agli inquirenti chiarire se Bertolaso abbia contribuito o meno a dare qualche “dritta” ai rappresentanti dell’organismo affinché tranquillizzassero la popolazione. “Con cautela ma con ottimismo siamo soddisfatti e fiduciosi, se la Procura avesse ritenuto infondati i nostri rilievi non avrebbe accolto la nostra istanza, un risultato più unico che raro e mai visto all’Aquila”, ha spiegato Angelo Colagrande, legale rappresentante delle famiglie delle vittime con i colleghi Barretta e Iadecola.