Nel teatro logoro della comunicazione politica italiana, Antonio Tajani ha appena aggiunto un nuovo atto al suo repertorio: un tweet. Ma non uno qualsiasi. Un’operazione chirurgica, millimetrica, nel suo intento: riscrivere la storia europea con la grammatica dell’identità religiosa, vestendo di blu mariano e di stelle tribali il vessillo dell’Unione. L’affermazione – “Blu come il manto della Madonna, con le 12 stelle delle tribù d’Israele disposte in cerchio. Un simbolo dei nostri valori di libertà, delle nostre radici giudaico-cristiane” – non è un’ingenuità né una gaffe, ma un messaggio studiato: una sintesi della visione regressiva che Tajani tenta da anni di imporre al lessico simbolico europeo.
La bandiera come pretesto
Il primo scoglio è storico. La bandiera europea, adottata nel 1955 dal Consiglio d’Europa, fu pensata come simbolo universale e laico. Il colore blu rappresenta il cielo del mondo occidentale, le dodici stelle evocano completezza e armonia. Come ricostruisce Pagella Politica, il cerchio di stelle dorate – spiega il sito dell’Ue – rappresenta “l’unità, la solidarietà e l’armonia fra i popoli d’Europa”, mentre il numero 12 è il “simbolo della perfezione” e dell’”interezza”. “Anche il cerchio è simbolo di unità, ma il numero delle stelle non dipende dal numero dei Paesi membri”, specifica il sito.
La lettura religiosa della bandiera è smentita anche dal Consiglio d’Europa. “La bandiera europea che conosciamo oggi – un cerchio di dodici stelle dorate su sfondo blu intenso – è stata scelta per il suo perfetto equilibrio tra neutralità, atemporalità e semplicità. Il suo design evita simboli religiosi o nazionali, abbracciando ideali universali di unità e armonia”, si legge sul sito dell’organizzazione.
Nulla, nei documenti ufficiali, rimanda alla Madonna o alle tribù di Israele. Persino l’ispirazione religiosa privata del disegnatore Arsène Heitz è stata deliberatamente esclusa dalla simbologia ufficiale per evitare letture confessionali.
Tajani, consapevole, fonde epoche e significati: sposta la data all’adozione del 1985 da parte della Comunità Europea, omette il Consiglio d’Europa e ne sovrappone l’origine a suggestioni religiose del tutto spurie. Una ricostruzione che cancella trent’anni di storia e sostituisce la neutralità istituzionale con un catechismo identitario.
Un messaggio politico in codice
Il tweet è un messaggio in codice a una platea precisa: l’elettorato conservatore, cattolico, nostalgico dell’Europa dei crocefissi e dei rosari. Una narrazione che Forza Italia coltiva con metodo, da tempo: le “radici giudaico-cristiane”, l’“Europa nei monasteri”, l’evocazione continua di un continente “senza Dio e senz’anima” come minaccia antropologica. È una visione esclusiva, divisiva, che esclude la parte secolarizzata e pluralista dell’Unione e crea una falsa genealogia simbolica per giustificare un progetto politico arretrato.
Tajani e l’arte della disinformazione strategica
Non è la prima volta. L’attuale ministro degli Esteri è specialista in uscite calibrate per suscitare scandalo, ricevere critiche e trasformarle in lamento vittimista. Così fu quando difese Mussolini, “che fece anche cose buone”, o quando attaccò la candidata Silvia Salis riducendola a una “persona di bell’aspetto”. Così fu nel dichiarare che “non andare a votare è una scelta libera”, affossando di fatto i referendum attraverso l’astensionismo pilotato.
Ogni volta il copione è lo stesso: dichiarazione controversa, indignazione pubblica, ritrattazione parziale, e capitalizzazione identitaria. Si chiama metodo, non incidente.
Fragilità politica e bisogno di visibilità
L’ultimo tweet si inserisce in un momento di difficoltà per Tajani. La Legge 74/2025 sulla cittadinanza – da lui firmata – è sotto attacco per incostituzionalità e retroattività. Forza Italia è schiacciata tra Fratelli d’Italia e Lega, e l’ex Presidente del Parlamento europeo cerca spazio, visibilità, centralità. Le parole sulla Madonna e le dodici tribù non sono solo marketing politico: sono un tentativo di posizionamento all’interno della destra, per ritagliarsi un’identità “diversa” da Meloni e Salvini e consolidare la propria leadership nella diaspora post-berlusconiana.
Simboli reinterpretati, istituzioni logorate
L’operazione di Tajani è pericolosa. La bandiera europea non è un oggetto neutro: è un’icona della pace postbellica, del progetto di unità sovranazionale, dell’inclusività. Usarla per innestare una narrativa confessionale significa svuotarla del suo significato, metterla al servizio di una guerra culturale che non ha nulla a che vedere con l’integrazione europea.
Tajani lo sa. E continua a farlo. Perché nel regno dell’identità imposta e dei simboli sequestrati, la verità è solo un ostacolo fastidioso. E un tweet, se ben calibrato, può diventare la più efficace delle propagande.