Autonomia incostituzionale. Senza l’esame del Parlamento. Parla il giurista Sorrentino: “Intese emendabili. Devono essere approvate con una legge ordinaria”

Intervista al professore emerito di diritto costituzionale dell'Università La Sapienza Federico Sorrentino

L’approvazione delle intese per dare l’autonomia al Veneto, al Piemonte e all’Emilia Romagna non può che essere fatta con legge ordinaria approvata in Parlamento con una votazione articolo per articolo, qualsiasi altra strada è incostituzionale. Parola di Federico Sorrentino, professore emerito di diritto costituzionale all’Università La Sapienza di Roma ed ex presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti.

Il ministro delle Autonomie, Erika Stefani, ha portato in consiglio dei Ministri delle bozze di intesa per le autonomia delle Regioni che prevedono l’inemendabilità parlamentare grazie all’applicazione dell’inter previsto per le ratifiche degli accordi con le confessioni religiose, secondo lei è la strada giusta?
“No. E’ sbagliato perché la competenza è del Parlamento, ci vuole una legge per ampliare le competenze delle Regioni, è una deroga dell’articolo 117. Non lo vedo che la proposta è inemendabile, non vedo la possibilità che sia approvata a scatola chiusa. Ci vuole una legge del Parlamento e lì si fa quello che si vuole, poi se la legge mette nel nulla l’intesa, si fa una nuova intesa, ma non è possibile che il Parlamento non possa emendare. E’ da escludere che la legge sia approvata come un unico articolo. E’ chiaro che la legge debba essere conforme all’intesa, altrimenti che la fai a fare l’intese, però non è un voto bloccato. Se certe cose non ti piacciono non le approvi e poi farai un’altra legge per la parti che non sei riuscito ad approvare”.

Cosa dovrebbero fare i Presidenti delle Camere in ordine all’approvazione delle intese sulle autonomie?
“Serve un disegno di legge del Governo redatto in articoli e i Presidenti delle Camere lo sottopongono alle Commissioni e poi all’Aula che lo esaminano articolo per articolo”.

Cosa comporterebbe l’approvazione delle intese senza consentire l’emendabilità?
“E’ incostituzionale. Soltanto che purtroppo di forzature alla Costituzione ne sono state fatte tante, l’ultima è quella dell’approvazione della legge di Bilancio del 2019 e la Corte Costituzionale ha detto delle sciocchezza nell’ordinanza 17 di quest’anno (con cui è stato dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzioni tra Poteri dello Stato sollevato da alcuni parlamentari che lamentavano un’eccessiva compressione del dibattito parlamentare n.d.r.)”.

Le norme sulle autonomie non rischiano di diventare il grimaldello per una secessione delle Regioni del nord?
“No, perché è previsto dalla Costituzione però bisogna fare attenzione all’articolo 119 che prevede i fondi di perequazione. (La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante n.d.r.)”.

Che legittimazione democratica hanno queste intese che sono state adottata delle Giunte regionali che non sono organi elettivi e dal Governo che non è elettivo?
“La legittimazione si recupera con la discussione parlamentare. Se tu vai a modificare la Costituzione e le attribuzioni delle Regioni devi approvarle in Parlamento con un voto articolo per articolo, consentendo alle opposizioni di proporre emendamenti”.

Ci sono precedenti simili a questo tipo di modifiche?
“Sì, nel 1971 con l’approvazione degli statuti regionali. Lì si diceva che per approvarli con il vecchio articolo 123 della Costituzione, il ruolo del Parlamento era di controllo esterno e in quel caso si inventarono le procedure in forma semplificata, per cui il presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, chiamò i presidenti delle Regioni e disse, lo Statuto lo dovete modificare in questo modo altrimenti non lo approviamo. Questi tornarono in Conisglio Regionale e hanno approvato gli statuti. Però queste intese sono vere e proprie leggi, non atti complessi paritetici come gli statuti delle Regioni, per cui bisogna usare le forme ordinarie previste per le leggi”.

Se una Regione diversa da quelle che hanno chiesto l’autonomia si ritenesse lesa, per esempio dal punto di vista fiscale, potrebbe far valere le sue pretese?
“Certo, potrebbe impugnare la legge in modo diretto, nella misura in cui dovesse essere lesa nella propria autonomia finanziaria e fiscale. Ma potrebbe anche sollevare subito il conflitto di attribuzione tra Poteri dello Stato, e poi potrebbe impugnare la legge una volta approvata. Se fossi una Regione lo farei, soprattutto quelle regioni meridionali che si ritengono più povere e che perdono qualcosa del fondo di perequazione”.