Barracuda. Riina jr a “Porta a Porta”. Questo Paese ha bisogno di ascoltare i figli dei giusti

Si dovrebbe insegnare la bellezza alla gente, suggeriva Peppino Impastato, per sconfiggere la mafia. E non recensire il libro di Salvo Riina

Si dovrebbe insegnare la bellezza alla gente, suggeriva Peppino Impastato, per sconfiggere la mafia. Nessun figlio di vittima di mafia vi dirà, infatti, che per comprendere cosa sia, si debba recensire il libro del figlio di Totò Riina.

Mario Francese, giornalista al Giornale di Sicilia, è stato ucciso dalla mafia sotto casa a Palermo per avere, con la sua penna, ricostruito e scoperchiato l’ascesa dei corleonesi. I suoi quattro figli per anni, hanno ricercato e ottenuto giustizia in tribunale, nel più completo isolamento mediatico e istituzionale. Il minore, Giuseppe, dopo l’esito del processo, si è tolto la vita.

Per il suo omicidio è stato condannato, anche, Totò Riina.

Per capire cosa sia la mafia, io ho ascoltato e conosciuto questi figli: Giulio, Fabio, Massimo.

Io voglio ascoltare i figli delle vittime di mafia. Perché non sento il bisogno di sfogliare le pagine di un libro che traccia la figura paterna di Totò Riina.

Raccontare altri padri sarebbe un dovere.

Allenare le nuove generazioni a non perdere la memoria è un dovere.

Restituire dignità ai parenti delle vittime, anche di Riina, sarebbe un dovere.

Raccontare le storie di uomini e donne che hanno pagato con la loro vita la difesa del nostro Paese, è un dovere.

In radio, per quattro anni, su radio1rai, ho raccontato oltre due mila storie di vittime di mafia. Quello per me era ed è, il mio dovere di giornalista.

Scegliere che parte del mondo mostrare.

Perché per capire cosa sia la mafia non ho bisogno di ascoltare la promozione del libro del figlio di uno dei carnefici più sanguinari del nostro Paese. In quel libro non si sciolgono dubbi, non si squarcia il silenzio, non si racconta la verità che ancora in troppi attendono su omicidi, stragi di mafia.

“Amo mio padre e non lo giudico” dice Salvo Riina. Bè, pensate a tanti figli di mafiosi che oggi hanno coraggiosamente preso le distanze dai parenti o dai padri, dai contesti malavitosi in cui sono cresciuti. Rischiando la propria vita. Come tanti studenti della scuola di Rosarno, in Calabria.

Dobbiamo contagiare i giovani con la bellezza, la verità.

Ma è difficile e con queste testimonianze lo diventerà ancor di più.