Brunetta non vuole proprio parlare di salario minimo: “Serve un lavoro pagato il giusto, dignitoso”

Il presidente del Cnel, Renato Brunetta, non parla mai di salario minimo, ma solo di "lavoro pagato il giusto" e "dignitoso".

Brunetta non vuole proprio parlare di salario minimo: “Serve un lavoro pagato il giusto, dignitoso”

Non un salario minimo, ma un “lavoro pagato il giusto, un lavoro dignitoso”. Il presidente del Cnel, Renato Brunetta, parla del lavoro e di come viene definito in Costituzione per provare ad allontanare il tema del salario minimo. Come a dire che la proposta del Cnel, chiesta dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, riguarderà il lavoro povero e non il salario minimo.

Brunetta spiega il suo punto di vista: “Il lavoro di cui parla la nostra Costituzione è un lavoro pagato il giusto, un lavoro dignitoso e, soprattutto, un lavoro sicuro”. Per il presidente del Cnel, in questa stagione “la tutela e la dignità del lavoro, il giusto salario, il sistema di previdenza e assistenza più in generale, il concetto di bene comune si affermano come obiettivi e valori di una costituzione materiale”. 

Dal salario minimo al lavoro pagato il giusto per Brunetta

Brunetta parla in occasione della cerimonia di insediamento della XI consiliatura del Consiglio nazionale, alla presenza del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Parlando dei valori della Costituzione, il presidente del Cnel si collega anche all’istruttoria sul tema del lavoro povero e del giusto salario. E non del salario minimo, non citato espressamente da Brunetta. 

Il presidente del Cnel spiega che Meloni ha chiamato “il Cnel al compito di offrire ai decisori politici e, più in generale, al dibattito pubblico, elementi condivisi di analisi e di proposta. È questa la bussola di un’azione politica competente, seria e responsabile”.

Brunetta assicura che, sul tema del lavoro povero, il Cnel non vuole sostituirsi “a nessuno”, ma vuole solo “conoscere per deliberare. Questo incarico conferma anche la centralità del nostro archivio dei contratti collettivi. Un corpo vivente, specchio della ricchezza delle nostre relazioni industriali: una bellissima ‘selva selvaggia’ fatta di storie, culture materiali e conflitto, complessità, interessi e sensibilità settoriali”.