Carcere e querele temerarie. Com’è dura fare i giornalisti. Tutto da riformare il reato di diffamazione. Altrimenti la stampa rimane imbavagliata

Non è un caso che l'Italia si collochi oltre il 70° posto nelle classifiche della libertà di stampa. Ancora previsto il carcere per i giornalisti

Non è certo un caso che l’Italia si collochi oltre il settantesimo posto nelle classifiche della libertà di stampa. In un Paese dove è ancora previsto il carcere per i giornalisti e le querele temerarie, spesso utilizzate come minaccia preventiva, sono all’ordine del giorno dalle classifiche difficilmente ci si potrebbe aspettare di meglio. Non mancano gli impegni presi dalla politica negli anni che però, finora, sono rimasti tali. Proprio nell’ottica di uscire dal pantano la Federazione nazionale della stampa ha organizzato, ieri, un sit-in a Roma per l’abolizione del carcere e per arginare le minacce ai cronisti. Alla protesta hanno aderito i rappresentanti delle Associazioni regionali di stampa, l’Ordine dei giornalisti del Lazio, Articolo21, Pressing NoBavaglio, Usigrai, Associazione Amici di Roberto Morrione, Italians for Darfur, Mensile Confronti, Associazione Carta di Roma, Ossigeno per l’Informazione, Libera Informazione, Fondazione Angelo Vassallo, Giornale radio sociale, Uisp, Unci.

L’appello – “Siamo qui insieme con i colleghi e le colleghe costretti a vivere sotto scorta – ha esordito il segretario generale Fnsi, Raffaele Lorusso – per chiedere alle istituzioni di tornare ad occuparsi di temi fondamentali per la nostra professione come la riforma del reato di diffamazione, che prevede l’abolizione del carcere per i giornalisti, e il contrasto al fenomeno delle querele temerarie, che con le minacce e le intimidazioni condividono un obiettivo: imbavagliare i giornalisti, la libertà di espressione e il diritto di cronaca”. In piazza c’era anche il presidente Fnsi, Giuseppe Giulietti, e tanti giornalisti minacciati e che si sono visti recapitare richieste di risarcimento esagerate. Tra i rappresentanti istituzionali c’era la presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi: “Siamo convinti che il diritto all’informazione sia un diritto fondamentale e per questo le mafie temono il vostro lavoro. Ma non siete soli nella vostra battaglia. Lottiamo insieme contro il malaffare e la corruzione”. Il lavoro svolto dall’Antimafia ha approvato una relazione approvata all’unanimità e l’ha trasmessa al Parlamento. A cui spetta il passo finale.  Proprio al presidente del Senato, Pietro Grasso, è stato fatto l’appello finale per provare a dare una svolta alla discussione parlamentare.

La nostra esperienza – Nel nostro piccolo alla voce querele temerarie abbiamo recentemente inserito la minaccia di querela ricevuta dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Lo scorso 21 ottobre abbiamo raccontato dell’assunzione di Flavia Montana, cognata del ministro, nel gruppo parlamentare di Area popolare. Storia confermata anche dalla deputata Nunzia De Girolamo intervistata dalla trasmissione Report. Ebbene, Alfano ha dichiarato a varie agenzie stampa: “Mi auguro che abbiano almeno i soldi per adempiere al risarcimento cui inevitabilmente saranno condannati”. La Notizia ha deciso di non presentare querela, ma di presentare un esposto all’Ordine dei giornalisti per la palese intimidazione subita.