Nel carcere di Frosinone la realtà supera l’immaginazione. Dopo la pistola recapitata con un drone il M5S chiede le dimissioni dei vertici del penitenziario. “Siamo di fronte a un fatto di gravità inaudita”

Nel penitenziario di Frosinone un detenuto in Alta Sicurezza, ritenuto legato alla Camorra, ha sparato con un pistola recapitato da un drone.

Nel carcere di Frosinone la realtà supera l’immaginazione. Dopo la pistola recapitata con un drone il M5S chiede le dimissioni dei vertici del penitenziario. “Siamo di fronte a un fatto di gravità inaudita”

Una pistola consegnata con un drone, poi la sparatoria all’interno del carcere che miracolosamente non finisce in tragedia. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti della trama di un film d’azione e, invece, è quanto accaduto nel penitenziario di Frosinone dove un detenuto in Alta Sicurezza di 28 anni, ritenuto legato alla Camorra, ha messo in atto un piano diabolico per vendicare un pestaggio subito nei giorni scorsi da alcuni ospiti della struttura. Una vicenda surreale per la quale la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha inviato il capo dell’amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia, per capire cosa non ha funzionato nel penitenziario.

VICENDA SURREALE. Che qualcosa di molto particolare sia accaduto è ormai certo. Lo sanno bene gli inquirenti che, cercando di capire in che modo la pistola è stata introdotta nella struttura di Frosinone, guardando i video di sorveglianza sono rimasti senza parole. Già perché la scena che si sono trovati davanti è degna di una spy story di Hollywood con un drone che ha raggiunto la finestra del detenuto e effettuato la consegna dell’arma risultata con matricola abrasa. Subito dopo, deciso a farsi giustizia da sé, l’uomo ha chiesto all’agente di sorveglianza di poter andare a fare una doccia. Il poliziotto acconsente ma il detenuto ha ben altri piani e gli punta la pistola contro, facendosi consegnare le chiavi delle celle.

Arrivato davanti alle celle dei rivali, ha esploso tre colpi che fortunatamente non hanno colpito nessuno. Un fatto, questo, che per chi indaga potrebbe significare, però, che l’uomo non intendeva ferire i detenuti ma semplicemente “avvisarli” del fatto che, in qualsiasi momento, avrebbe potuto colpirli. Ma le stranezze in questa storia non sono finite. Esplosi i colpi, il 28enne ha preso in mano uno smartphone e – come niente fosse – ha telefonato al proprio avvocato che lo ha convinto alla resa. Un telefono che, probabilmente, era stato introdotto clandestinamente nel penitenziario già da diverso tempo e su cui, ora, si concentrano le attenzioni degli investigatori.

M5S CHIEDE INTERVENTI. “Siamo di fronte a fatto di una gravità inaudita” e per questo “crediamo che siano doverose le dimissioni del direttore del carcere, del comandante e del provveditore del carcere di Frosinone. Il segnale che un’arma da fuoco possa entrare in un carcere ed essere usata da un detenuto è qualcosa per cui servono provvedimenti severi immediati”. A parlare così sono i senatori e le senatrici del Movimento 5 Stelle della Commissione Giustizia che fanno sapere di aver preso “atto della recente istituzione da parte della ministra Cartabia di una commissione per la innovazione del sistema penitenziario, ma avvertiamo la necessità che questa azione programmatica di studio, sia accompagnata subito dall’adozione di urgenti misure di contenimento delle criticità”.

Una su tutte, la carenza del personale che nel penitenziario di Frosinone è drammatica. Dati alla mano mancano “almeno 50 unità” come ha segnalato il provveditore del Lazio, Carmelo Cantone, che ieri si è recato sul posto di persona. Un caso che sembra destinato ad ingigantirsi sempre più tanto che Stefania Ascari, deputata M5S, ha fatto sapere che “occorrerà fare piena luce su quanto accaduto” in quanto “si tratta di un episodio di estrema gravità che certamente sarà oggetto di approfondimento anche in commissione Antimafia” in quanto l’accaduto “deve imporre una seria riflessione sulle nostre carceri, strutture in cui è fondamentale garantire sempre la sicurezza di tutti coloro che vivono e lavorano al loro interno”.