L’Italia continua a muoversi in equilibrio su un crinale sempre più stretto quando si parla di antibiotici. Le nuove rilevazioni diffuse dall’Agenzia italiana del farmaco in occasione della Giornata europea per l’uso consapevole degli antibiotici restituiscono un quadro che tende a ripetersi: si consumano troppi farmaci e, mentre l’Europa fatica a raggiungere gli obiettivi fissati per il 2030 nella lotta alla resistenza antimicrobica, il nostro Paese rimane tra quelli più esposti.
Il fenomeno non riguarda soltanto la prescrizione in sé. La resistenza agli antibiotici — che in Italia provoca ogni anno 12 mila morti, con un impatto economico stimato in 2,4 miliardi di euro per il Servizio sanitario nazionale — è una minaccia silenziosa che cresce insieme ai consumi. Nell’Unione Europea si stimano oltre 35 mila decessi l’anno dovuti a infezioni provocate da microrganismi ormai refrattari agli antimicrobici, più dei morti complessivi per influenza, tubercolosi e HIV messi insieme. In questo scenario, le infezioni correlate all’assistenza sanitaria restano un ulteriore tassello critico: ogni giorno un paziente su quattordici ricoverato in ospedale ne sviluppa almeno una, e un microrganismo su tre risulta resistente agli antibiotici più importanti.
Dentro questa cornice, i dati sull’Italia si muovono in una zona grigia fatta di miglioramenti fragili e criticità ancora enormi. Nel 2024 abbiamo registrato 22,3 dosi giornaliere per mille abitanti, circa il 10% in più della media europea. La distanza dal traguardo previsto per il 2030 — 17,8 dosi — rimane ampia. Pesano soprattutto le scelte terapeutiche: nel nostro Paese si impiegano ancora molte molecole ad ampio spettro, quelle che più favoriscono lo sviluppo di resistenze. Il rapporto tra l’uso di antibiotici “larghi” e quelli a spettro ristretto è quasi doppio rispetto alla media europea, senza progressi significativi nell’ultimo anno.
Il consumo di antibiotici in Italia continua a crescere. E l’Aifa lancia l’allarme Aifa: “Troppi farmaci e resistenze in aumento”
Negli ospedali, inoltre, il consumo è leggermente superiore al dato europeo e resta elevato l’impiego degli antibiotici del gruppo “Reserve”, i farmaci di ultima linea da utilizzare solo in caso di infezioni multiresistenti. Qui l’Italia si attesta al 6%, un valore in lieve calo ma ancora più alto della media UE. Intanto proseguono gli sforzi per regolamentare il loro uso: nove molecole fanno oggi parte del Fondo per i farmaci innovativi, con 100 milioni di euro dedicati e un controllo stretto delle prescrizioni.
La situazione non migliora se si passa alle infezioni. Cresce l’incidenza delle batteriemie da Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi, mentre migliorano — ma non abbastanza — i dati sulle infezioni da Escherichia coli resistente alle cefalosporine di terza generazione. L’unico vero traguardo anticipato riguarda la riduzione delle batteriemie da MRSA, il temuto Staphylococcus aureus resistente alla meticillina.
Secondo l’ultimo Rapporto OsMed, quasi quattro italiani su dieci hanno ricevuto almeno una prescrizione di antibiotici nel 2024, con picchi tra i bambini piccoli e gli over 85. L’uso risulta più diffuso tra le donne e nelle regioni del Sud, dove il ricorso a molecole costose è più frequente e i valori di consumo sono i più alti del Paese.
Aifa richiama la necessità di un fronte comune. Un approccio One Health — che unisca medicina umana, veterinaria e controllo ambientale — diventa essenziale per non dissipare questo patrimonio terapeutico. Allo stesso tempo, l’Agenzia spinge per nuova ricerca, soprattutto indipendente, e annuncia l’avvio di campagne di sensibilizzazione rivolte sia ai professionisti sia ai cittadini. Perché gli antibiotici, ricordano gli esperti, non sono una risorsa infinita. E il rischio è che, senza una correzione di rotta rapida, si riveli troppo tardi.