Conti pubblici, l’Europa storce il naso

di Marco Zatterin per La Stampa

Mancano nove miliardi, euro più, euro meno. Più fonti assicurano che la Commissione Ue non lo scrive esplicitamente nella proposta per le raccomandazioni al governo Renzi sul come rimettere l’Azienda Italia sul giusto binario che presenterà oggi pomeriggio. Però la bozza del testo ribadisce l’invito a rispettare gli obiettivi per la sostenibilità del debito e, al suo interno, si nota che la correzione del deficit strutturale pianificata da Roma per avere il bilancio 2014 in equilibrio vale 0,1 punti di pil, mentre Bruxelles la valuta nello 0,7.

La differenza, lo 0,6 del prodotto, è ciò che va trovato. Ovvero i 9 miliardi di cui parlava in principio.
Non è una richiesta di manovra correttiva, non per il momento. Le fonti concordano che la proposta di raccomandazione al Consiglio sul programma nazionale di riforma 2014 dell’Italia «non dice nulla a proposito di uno sforzo aggiuntivo» e basa gli ammonimenti di politica fiscale sulle previsioni presentate in maggio dall’esecutivo. Dipende dalla crescita e da mille altre cose. Posto che il documento potrebbe ancora essere suscettibile di cambiamenti nella riunione del collegio che si terrà stamane, la Commissione considera dunque che l’intero scenario potrebbe essere soggetto a cambiamenti, e non intende fare altre pressioni se non richiamare il governo a una realtà dei fatti che, a dir la verità, non risulta proprio essergli estranea. Nell’attesa, si stilano otto blocchi di consigli su come oliare i meccanismi dell’economia (erano sei nel 2013). E si ribadisce l’appello a centrare i benchmark di riduzione del debito previsti dalla governance Ue.

La valutazione politica che il redivivo commissario Olli Rehn si appresta a varare offre un apprezzamento per il cantiere delle riforme aperto dall’Italia, un incoraggiamento ad avanzare con fermezza sulla strada virtuosa tracciata dal governo, ma anche l’ammissione che i conti si fanno solo alla fine del gioco. Fonti della Commissione ricordano che il progetto inviato da Roma è per forza di calendario incompleto, e solo col Documento di stabilità il quadro sarà completo. Il successo politico alle europee del premier Renzi, si sottolinea, ha creato migliori condizioni di stabilità potenziale, eppure a Bruxelles resta il timore che in parlamento qualcosa possa andare storto. Certo si guarda a Roma con maggior ottimismo. Però le regole sono le regole. Per questo, spiega una fonte, «la richiesta di far slittare l’azione sul ritorno del debito non è ora oggetto di delibera concreta».

Il dato di fatto è che l’Italia deve avere un pareggio di bilancio o quasi. In altre parole, il deficit strutturale (cioè al netto di congiuntura e una tantum) non deve superare lo 0,5% del pil. La Commissione stima che si sia oltre l’1%, e che la frenata debba essere dello 0,7% del pil, al posto dello 0,1 previsto a Roma, pena una procedura dolorosa per la nostra immagine di superdebitori. Il tutto deve avvenire mantenendo il deficit sotto il 3% del prodotto, cosa che sta avverando, visto che secondo Bruxelles nel 2014 saremo allo 2,6%. Lo 0,4% di fabbisogno a nostro vantaggio potrebbe essere oggetto di una trattativa costruttiva per maggiori margini di spesa pro crescita. Si vedrà di qui all’autunno.

Sarà una sfida dura, ma anche quella delle otto raccomandazioni non è da ridere. Bruxelles torna a puntare il dito sulla trasparenza del mercato creditizio, sulla necessità di riequilibrare il carico fiscale sul lavoro (avviata), sul dramma occupazionale da contenere (con Jobs Act), sull’apertura incompleta dei mercati dei servizi (in particolare della pubblica amministrazione), sulla Giustizia civile ancora lenta e scoraggiante per gli investimenti, sulla lotta all’evasione da rafforzare ulteriormente, sul sistema scolastico che richiede maggior cura, sulle reti da sviluppare e l’autorità dei Trasporti da lanciare sul serio. Sono grosso modo le stesse cose dello scorso anno, la sintesi dei problemi di una paese che non cresce da due decenni. Il governo non troverà nulla di nuovo. Solo una conferma del fatto che la strada che lo attende è obbligata.