Debutto con rissa per Bernardo. La destra è sempre più ai ferri corti. Scintille alla presentazione del candidato a Milano. Meloni diserta l’evento, La Russa litiga con la Ronzulli

Scintille alla presentazione del candidato a Milano della destra, Luca Bernardo. Meloni diserta l’evento, La Russa litiga con la Ronzulli

Debutto con rissa per Bernardo. La destra è sempre più ai ferri corti. Scintille alla presentazione del candidato a Milano. Meloni diserta l’evento, La Russa litiga con la Ronzulli

Quel segnaposto vuoto vale più di mille parole. La sedia riservata in prima fila a Giorgia Meloni con la scritta Fratelli d’Italia rimasta senza occupante alla presentazione di Luca Bernardo (nella foto), candidato sindaco del centrodestra a Milano, è inutile girarci intorno, è un chiaro segnale. Lo sgarbo, l’ennesimo di una lunga serie, che è stato fatto da Matteo Salvini in accordo con Forza Italia, di estromettere il rappresentate meloniano Giampaolo Rossi – sulla cui professionalità e competenza peraltro il giudizio è unanime – nel Cda della Rai (leggi l’articolo), è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Non si è aperta una crepa, si è aperta una voragine e le conseguenze politiche ci saranno eccome, in primis proprio sulle amministrative di ottobre che vedono le grandi città al voto: sebbene i candidati indicati dalla coalizione siano tutti civici, il “cappello” dei partiti sulle scelte c’è eccome: è il caso, appunto, del pediatra Bernardo nel capoluogo lombardo, fortemente voluto dal leader della Lega e gradito anche a FI. Soprattutto a Licia Ronzulli, protagonista ieri di un episodio assai significativo: proprio mentre dal palco Salvini stava affermando quanto sia unito e compatto il centrodestra, la senatrice azzurra e responsabile dei rapporti con gli alleati tentava di sedersi nel posto lasciato libero dalla Meloni togliendo il cartello Fratelli d’Italia, è incorsa in una reazione carica di stizza di Ignazio La Russa, che occupava il posto dietro a quello vuoto. E di fronte alle proteste della collega le ha detto a muso duro: “Non me fotte un c…, ti alzi tu”.

A quel punto la senatrice azzurra ha lasciato perdere e ha abbandonato la prima fila, allontanandosi. “C’erano quattro di FI in prima fila, questa mania di esibirsi non ci piace”, ha spiegato poi La Russa ai giornalisti. Facile immaginare uno strascico delle tensioni per il cda della Rai… “Questo l’hai detto tu – ha replicato il senatore a un cronista – Fatti una domanda e datti una risposta”. Stessa risposta data da Daniela Santanchè, che ha pure rincarato la dose ribadendo che FdI è un partito leale che crede nel gioco di squadra e nell’importanza della coalizione ma – e qui arriva la stilettata – ma che evidentemente questi non sono aspetti “importanti per tutti”.

Del resto già giovedì a caldo l’affaire Rai aveva innescato dure reazioni da parte di tutti gli esponenti meloniani e della stessa leader. Sebbene il candidato a Milano minimizzi l’accaduto (“so che il presidente di FdI mi è molto vicina ed è la cosa più bella”…) lo strappo sarà di non semplice ricomposizione e intanto a Bologna, quello che fino a un paio di giorni fa era il candidato in pole position – l’imprenditore Fabio Battistini gradito alla Lega – si trova al momento “tra coloro che son sospesi”.

E non aiutano certo le continue esternazioni di Salvini sul fatto che il Carroccio sia il primo partito della coalizione a livello nazionale e a Torino – dove è in corsa per il centrodestra l’imprenditore Paolo Damilano, che il leghista rivendica come sua scelta – snocciolando le percentuali di un sondaggio che vede la Lega al 21,5% in città a fronte dell’11 di FdI. Il day after tensioni evidenti fra alleati sarebbe stato forse più opinabile tenere un profilo basso.

Per non parlare di Napoli dove al magistrato anti camorra Catello Maresca Fratelli d’Italia avrebbe sicuramente preferito schierare contro il candidato di centrosinistra Gaetano Manfredi il suo consigliere comunale Sergio Rastrelli, facendo poi un passo indietro proprio per l’unità della coalizione. E infine la sfida delle sfide: Roma, dove Enrico Michetti è invece un’operazione targata Meloni. Vedremo quanto gli “alleati” saranno leali nel sostenerlo.