Dietro gli spioni dell’Hacking Team spunta fuori anche una rete di fiduciarie vicine a casa Agnelli

di Stefano Sansonetti

Un incredibile giro di società fiduciarie che portano dritte a un gruppo di professionisti di Torino da sempre vicini alla famiglia Agnelli. Continuano a emergere dettagli sorprendenti dietro alla Hacking Team, la società milanese che produce software spia legali venduti tra gli altri ai Servizi segreti italiani e di mezzo mondo. La Notizia, dopo aver rivelato il coinvolgimento come socio indiretto dell’ex ambasciatore Usa a Roma Ronald Spogli, carte alla mano è in grado di documentare la presenza, tra gli azionisti indiretti della società di sicurezza informatica, di tutta una serie di società fiduciarie torinesi riconducibili a personaggi molto vicini alla galassia Agnelli.

LA RETE
Il dato è in grado di aprire nuovi e sorprendenti squarci su una società, la Hacking Team, che nei giorni scorsi è stata oggetto di un clamoroso attacco informatico che ha prodotto la diffusione on line di 400 gigabyte di file. Un blitz che non soltanto ha dimostrato come tra i clienti della società ci siano paesi non proprio modello di democrazia (vedi Sudan), ma rischia ora di mettere a repentaglio tutta una serie di indagini delicatissime. Per arrivare alle fiduciarie torinesi bisogna sempre partire dalla Hacking Team. Il suo secondo maggior azionista, con il 26,03%, è la società d’investimento Innogest. Nel capitale di quest’ultima, con una quota del 15%, troviamo Ersel Investimenti. Ora, proprio la Ersel Investimenti fa capo a due fiduciarie, ovvero la Nomen (69,88%) e la Simon (30,12%). E’ appena il caso di ricordare che la fiduciaria è uno strumento, del tutto legale, utilizzato per “schermare” l’identità dei veri proprietari. Se ci si concentra, però, sugli azionisti di minoranza della Nomen Fiduciaria spuntano dettagli molto interessanti. Con il 3%, infatti, troviamo Angelo Benessia, avvocato torinese, ex presidente della Compagnia Sanpaolo ed ex consigliere di amministrazione della Fiat. Ma soprattutto parliamo di uno degli avvocati più vicini a casa Agnelli, tanto da essersi meritato il soprannome di “Benefiat” (evidentemente giocato sulla pronuncia del suo cognome). Ancora, con un altro 3% nella Nomen fiduciaria troviamo Cesare Ferrero, uno dei commercialisti di fiducia degli Agnelli. Al punto da essere stato, nel corso degli anni, presidente del collegio sindacale di Exor, Ifil, Fiat e dell’accomandita Giovanni Agnelli e C. Ma non finisce qui. Si dà infatti il caso che il pacchetto di maggioranza delle due fiduciarie, ovvero il 70% della Nomen e della Simon, sia in mano a una terza fiduciaria, che si chiama Sofegi. E qui viene fuori un altro pezzo da novanta della galassia Agnelli.

A MONTE
Secondo gli archivi della Camera di commercio, infatti, risulta che gli azionisti della Sofegi siano Riccardo Grande Stevens (60%), Cristina Grande Stevens (30%) e Franzo Grande Stevens (10%). Insomma, c’è tutta la famiglia di quel Franzo Grande Stevens, già vicepresidente della Fiat e presidente della Juventus, che è stato uno dei più stretti collaboratori di Giovanni Agnelli. Di professione avvocato, Grande Stevens venne anche condannato in appello (con Gianluigi Gabetti) per aggiotaggio nella vicenda dello swap Exor, ovvero quell’operazione finanziaria che nel 2005 consentì agli Agnelli di mantenere la presa sulla Fiat evitando di cedere il passo alle banche creditrici. Successivamente la Cassazione ha annullato le condanne per prescrizione. Tra l’altro Nomen, Simon e Sofegi hanno la sede proprio nella stessa via torinese dove si trova lo studio legale Grande Stevens, a qualche civico di distanza. Sulla fiduciaria Simon, poi, si può registrare una curiosità. La società, che come detto porta alla famiglia di uno degli avvocati di fiducia del Lingotto, compare nell’elenco dei finanziatori della fondazione Open, quella che organizza la renziana “Leopolda”. In particolare dalla lista si apprende che la Simon ha versato alla fondazione 20 mila euro.

INCROCI PAZZESCHI
Una cosa è certa. Nelle retrovie dell’azionariato della Hacking Team ci sono sorprese a non finire. Come abbiamo visto per il tramite della Innogest, che detiene il 26,03% della società di sicurezza informatica, spuntano fuori l’ex ambasciatore Usa a Roma Spogli (che detiene il 10% della stessa Innogest) e la Ersel Investimenti (15%), dietro la quale c’è un gruppo di fiduciarie torinesi che riportano a casa Agnelli. Accanto alla Innogest, poi, nel capitale della Hacking Team c’è con un altro 26,03% la Finlombarda Gestioni, società controllata dalla Finlombarda, ovvero la finanziaria della regione Lombardia. Come rivelato da La Notizia, lo scorso 6 luglio la medesima Finlombarda, guarda caso lo stesso giorno in cui è esploso mediaticamente il caso dell’assalto informatico, con un avviso ad hoc ha deciso di vendere in fretta e furia la sua partecipazione in Finlombarda Gestioni (con dentro l’“imbarazzante” partecipazione nella Hacking Team). Come si vede un reticolo impressionante, che impone altre e più urgenti domande su quali interessi si muovano dietro l’ormai famosa Hacking Team.

Twitter: @SSansonetti