Doping, Malagò dalla parte dei 26 atleti deferiti: “Questi ragazzi non hanno barato”. Sott’accusa il sistema di comunicazione della loro presenza

Una bufera senza precedenti sul mondo dell’atletica italiana dopo il deferimento dei 26 atleti azzurri che rischiano ora di dover saltare le Olimpiadi del prossimo anno. A provare a fare chiarezza c’ha pensato il presidente del Coni, Giovanni Malagò: “L’unica cosa che posso fare è accelerare il più possibile il giudizio del Tna, in modo che questo punto interrogativo si possa chiarire. Bisogna dare delle risposte molto urgenti. Onestamente sono molto ottimista  mi sembra che la procedura era doverosa, ma la sostanza è un’altra”. Malagò dai microfoni di Rtl 102.5 aveva spiegato che sul deferimento c’è ancora molta confusione: “Sono vicende che riguardano sostanzialmente il quadriennio 2009- 2012, in particolare, mi sembra, 2011 e 2012. Il whereabout è praticamente un codice che impegna gli atleti divisi su due categorie, di fascia A e di fascia B, i primi quelli di grande rilievo internazionale che sono sotto l’egida della Wada che è l’agenzia indipendente antidoping e quelli di fascia B che rientrano nei controlli a livello nazionale”, ha spiegato Malagò. “Sulla base di quelli che sono stati gli incartamenti arrivati a pioggia e a singhiozzo, dato il volume dei documenti, dalla Procura di Bolzano dopo le note vicende che riguardavano il caso Schwarzer”, ha proseguito Malagò, “la Procura nazionale antidoping ha disposto questi deferimenti solo e semplicemente in quegli anni, malgrado nessuno avesse segnalato questo tipo di comportamento anomalo, nessuno aveva nemmeno effettuato un warning, un’ammonizione, un cartellino giallo, e quindi ha dovuto necessariamente predisporre un atto dovuto nei confronti di 26 atleti su un blocco di 65. Questi ragazzi non sono delle persone che hanno barato, è semplicemente un fatto di procedure di comunicazione della loro presenza. L’attuale Federazione Italiana di atletica leggera non solo è totalmente estranea ma per certi versi è totalmente vittima”.