Ecco il testo del Jobs Act approvato dal consiglio dei ministri. La rivoluzione copernicana di Renzi che scontenta tutti, dai moderati del governo a sindacati, sinistra e opposizione

Ecco il testo del Jobs Act uscito dal consiglio dei ministri poche ore prima del Natale. Un testo che il premier Renzi ha definito una rivoluzione copernicana, ma che non piace a nessuno. Si lamentano infatti i moderati che appoggiano il governo, i moderati dell’opposizione, i sindacati, la sinistra.

 

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo

indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183.

 

Art. 1 – Campo di applicazione.

Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di

lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente

decreto, il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo è disciplinato dalle disposizioni di

cui al presente decreto.

 

Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di assunzioni a tempo indeterminato avvenute

successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui

all’articolo 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei

lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del

presente decreto.

 

Art. 2 – Licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale.

 

Il giudice, con la pronuncia con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio

ovvero riconducibile agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge, ordina al datore di

lavoro, imprenditore o non imprenditore, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro,

indipendentemente dal motivo formalmente addotto. A seguito dell’ordine di reintegrazione, il

rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta

giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità di cui al terzo

comma del presente articolo. Il regime di cui al presente articolo si applica anche al licenziamento

dichiarato inefficace perché intimato in forma orale.

 

Con la pronuncia di cui al comma 1, il giudice condanna altresì il datore di lavoro al risarcimento

del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità e l’inefficacia,

stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal

giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel

periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del

risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il

datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi

previdenziali e assistenziali.

 

Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al comma 2, al lavoratore è data la

facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro,

un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta

determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione

previdenziale. La richiesta dell’indennità deve essere effettuata entro trenta giorni dalla

comunicazione del deposito della pronuncia o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio,

se anteriore alla predetta comunicazione.

 

Art. 3 – Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa.

 

Salvo quanto disposto dal comma 2 del presente articolo, nei casi in cui risulta accertato che non

ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo

soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento

e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione

previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno

di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità.

 

Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa

in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al

lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del

licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione

del lavoratore nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima

retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione,

dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché

quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro ai sensi dell’articolo 4,

comma 1, lett. c, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181. In ogni caso la misura dell’indennità

risarcitoria relativa al periodo antecedente alla pronuncia di reintegrazione non può essere superiore

a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è condannato, altresì,

al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello

dell’effettiva reintegrazione. Al lavoratore è attribuita la facoltà di cui all’articolo 2, comma 3.

 

La disciplina di cui al comma 2 trova applicazione anche nelle ipotesi in cui il giudice accerta il

difetto di giustificazione per motivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore,

anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68.

 

Al licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1 non trova applicazione l’articolo 7 della legge n.

604 del 1966.

 

Art. 4 – Vizi formali e procedurali.

 

Nell’ipotesi in cui il licenziamento sia intimato con violazione del requisito di motivazione di cui

all’articolo 2, comma 2, della legge n. 604 del 1966 o della procedura di cui all’articolo 7 della

legge n. 300 del 1970, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e

condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione

previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno

di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità, a meno che

il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti la sussistenza dei presupposti per

l’applicazione delle tutele di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto.

 

 

Art. 5 – Revoca del licenziamento.

 

Nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla

comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende

ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel

periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal

presente decreto.

 

 

Art. 6 – Offerta di conciliazione.

 

In caso di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo 1, al fine di evitare il giudizio e ferma

restando la possibilità per le parti di addivenire a ogni altra modalità di conciliazione prevista dalla

legge, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del

licenziamento, in una delle sedi di cui all’articolo 2113, comma 4, cod. civ., e all’articolo 82,

comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, un importo che non costituisce reddito

imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione

previdenziale, di ammontare pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni

anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità,

mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L’accettazione dell’assegno in tale sede da

parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla

impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.

 

L’onere derivante dalla disposizione di cui al comma 1 pari a due milioni di euro per l’anno 2015,

settemilionienovecentomila euro per il 2016 e tredicimilionieottocentomila euro per il 2017 è posto

a carico del fondo di cui all’articolo 1, comma 107, della legge di stabilità per il 2015.

 

 

 

Il sistema permanente di monitoraggio e valutazione istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della

legge 28 giugno 2012, n. 92, assicura il monitoraggio sull’attuazione della presente disposizione.

 

Art. 7 – Computo dell’anzianità negli appalti.

Ai fini del calcolo delle indennità e dell’impoto di cui all’articolo 3, comma 1, all’articolo 4, e

all’articolo 6, l’anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell’impresa che

subentra nell’appalto si computa tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è

stato impiegato nell’attività appaltata.

 

 Art. 8 – Computo e misura delle indennità per frazioni di anno.

 

Per le frazioni di anno d’anzianità di servizio, le indennità e l’importo di cui all’articolo 3, comma

1, all’articolo 4, e all’articolo 6, sono riproporzionati e le frazioni di mese uguali o superiori a

quindici giorni si computano come mese intero.

 

Art. 9 – Piccole imprese e organizzazioni di tendenza.

 

Ove il datore di lavoro non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all’articolo 18, ottavo e nono

comma, della legge n. 300 del 1970, non si applica l’articolo 3, comma 2, e l’ammontare delle

indennità e dell’importo previsti dall’articolo 3, comma 1, dall’articolo 4, comma 1 e dall’articolo 6,

comma 1, è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità.

Ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica,

sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto, si applica la disciplina di cui al

presente decreto.

 

 

 

Art. 10 – Licenziamento collettivo.

 

In caso di licenziamento collettivo ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223,

intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio di cui all’articolo

2 del presente decreto. In caso di violazione delle procedure richiamate all’articolo 4, comma 12, o

dei criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1991, si applica il regime di cui

all’articolo 3, comma 1.

 

Art. 11 – Contratto di ricollocazione.

È istituito presso l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale il Fondo per le politiche attive per la

ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccupazione involontaria, al quale affluisce la dotazione

finanziaria del Fondo istituito dall’articolo 1, comma 215, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in

ragione di 18 milioni di euro per l’anno 2015 e di 20 milioni di euro per il 2016 nonché, per l’anno

2015, l’ulteriore somma di 32 milioni di euro del gettito relativo al contributo di cui all’articolo 2,

comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92.

Il lavoratore licenziato illegittimamente o per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento

collettivo di cui agli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991 n. 223, ha il diritto di ricevere dal

Centro per l’impiego territorialmente competente un voucher rappresentativo della dote individuale

di ricollocazione, a condizione che effettui la procedura di definizione del profilo personale di

occupabilità, ai sensi del D.lgs. attuativo della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, in materia di

politiche attive per l’impiego.

Presentando il voucher a una agenzia per il lavoro pubblica o privata accreditata secondo quanto

previsto dal D.lgs di cui al comma 2, il lavoratore ha diritto a sottoscrivere con essa il contratto di

ricollocazione che prevede:

il diritto del lavoratore a una assistenza appropriata nella ricerca della nuova occupazione,

programmata, strutturata e gestita secondo le migliori tecniche del settore, da parte dell’agenzia per

il lavoro;

il diritto del lavoratore alla realizzazione da parte dell’agenzia stessa di iniziative di ricerca,

addestramento, formazione o riqualificazione professionale mirate a sbocchi occupazionali

effettivamente esistenti e appropriati in relazione alle capacità del lavoratore e alle condizioni del

mercato del lavoro nella zona ove il lavoratore è stato preso in carico;

il dovere del lavoratore di porsi a disposizione e di cooperare con l’agenzia nelle iniziative da essa

predisposte.

L’ammontare del voucher è proporzionato in relazione al profilo personale di occupabilità di cui al

comma 2 e l’agenzia ha diritto a incassarlo soltanto a risultato ottenuto secondo quanto stabilito dal

D.lgs. di cui al comma 2.

 

Art. 12 – Rito applicabile.

Ai licenziamenti di cui al presente decreto non si applicano le disposizioni dei commi da 48 a 68

dell’articolo 1 della legge n. 92 del 2012.