Ecco perché Viale Mazzini

di Marco Castoro

Più che il cavallo la Rai potrebbe avere la Torre di Pisa come simbolo. Un monumento che pende. Visibilmente a sinistra. Come l’orientamento politico della stragrande maggioranza del personale assunto dall’azienda di Viale Mazzini. Attenzione, questo non significa che si è trattato di un’occupazione coatta, ma che il centrodestra non ha saputo approfittare nel migliore dei modi delle occasioni avute a disposizione quando ha vinto le elezioni.
In pratica se il cruccio del centrosinistra può essere stato il fatto di non aver saputo far approvare una legge sul conflitto di interessi, dall’altra parte della barricata i rimpianti crescono quando si pensa alle assunzioni in Rai.

La differenza l’hanno fatta Raitre e il Tg3
La Rai è stata per anni lo zoccolo duro della Democrazia Cristiana. Con Ettore Bernabei nelle vesti del grande burattinaio che ha tirato le fila. Che ha fatto il buono e il cattivo tempo. Poi, con il passare degli anni, anche comunisti e socialisti hanno cominciato ad avere voce in capitolo e per l’occasione fu coniata la formuletta sulle assunzioni che regolava il flusso. Su 10 new entry la ripartizione da seguire era la seguente: 4 democristiani, 3 socialisti, 2 comunisti e uno bravo. Ma poi arrivò la riforma che sfociò il 15 dicembre 1979 con la nascita di Raitre e del Tg3 che negli anni da sperimentali diventarono a tutti gli effetti una rete e un tiggì nazionale con gli stessi diritti del primo e del secondo canale. L’occasione fu ghiotta per la sinistra che ne approfittò per dare vita a una delle infornate più consistenti nella storia dei media. Entrarono negli organici della tv di Stato centinaia di giornalisti e di tecnici legati agli ambienti comunisti. Maurizio Mannoni e Gianni Cerqueti, tanto per fare due nomi, furono assunti in Rai provenienti dalla tv romana Videouno, legata con il cordone ombelicale al quotidiano Paese Sera. Ma parteciparono all’infornata anche giornalisti provenienti da Teleroma 56, Radio Radicale e altre testate conosciute tra i media. Ovviamente tutte queste assunzioni hanno fatto pendere il piatto della bilancia a sinistra. Se poi si aggiunge la bravura dei grandi direttori come Biagio Agnes, Sandro Curzi e Angelo Guglielmi, grandi professionisti ma politicamente schierati, o sindacalisti del calibro di Giuseppe Giulietti, ecco spiegato come si sia riusciti a costruire a sinistra una macchina da guerra pronta alla Resistenza in difesa della lottizzazione dei posti chiave all’interno dell’azienda.

Il fallimento del centrodestra
Nonostante Berlusconi abbia più volte vinto le elezioni politiche e il berlusconismo sia durato un ventennio, il centrodestra non è riuscito a coltivare un orto capace di dare frutti in pianta stabile. Anzi, quei dirigenti e quei direttori che hanno avuto gli incarichi in quota Forza Italia o Alleanza nazionale, spesso hanno finito per circondarsi di un management legato a doppio filo con la sinistra. Una scelta dettata dal quieto vivere e dalla necessità di restare aggrappato alla poltrona. Anche qui proviamo a fare qualche nome. Da Carlo Rossella direttore del Tg1 nominato da Berlusconi, che però si appoggiava su Gruber, Bosi e Borrelli e con il vicedirettore Massimo Magliaro di area An confinato nelle edizioni notturne. Fino ai direttori di Raiuno Fabrizio Del Noce e Mauro Mazza, entrambi circondati da vice e capistruttura dell’altra parrocchia. Per quanto riguarda Mazza comunque va detto che entrò in Rai diversi anni prima rispetto a quando ottenne il mandato da direttore (fu assunto in quota Martelli Psi).
Un po’ di cagnara l’hanno fatta Letizia Moratti da presidente, Mauro Masi da diggì e Augusto Minzolini da direttore del Tg1. O meglio ci hanno provato a non fare accordi con la sinistra, sempre forte dei numeri e dell’appoggio del sindacato Usigrai. Ma tutti e tre hanno dovuto affrontare un percorso minato per ogni decisione presa.

Piccoli renziani crescono

E i renziani? Ci sono in Rai? Che cosa fanno? Come si comportano? Il Rottamatore segue in prima persona la comunicazione. Prima o poi si occuperà anche di Rai. Per ora il palcoscenico è calcato da chi si sta muovendo per cambiare gli scenari. Nino Rizzo Nervo, a esempio, pontifica più ora che quando era un membro del cda Rai. Legato a Gentiloni, è spesso contattato da chi all’interno di Saxa Rubra e Viale Mazzini è pronto ad abbracciare Renzi. Molti sono ex veltroniani. Un altro renziano della prima ora è Luigi De Siervo, attuale responsabile della direzione commerciale. Inoltre ci sono altri due dirigenti di spessore che sono stimati e apprezzati dai renziani. Si tratta dell’amministratore delegato di RaiCinema, Paolo Del Brocco, e del direttore di RaiFiction, Eleonora Andreatta. Mentre potrebbero entrare in Rai due alfieri della squadra del sindaco, Gaia Tortora e Marco Agnoletti. Non dimentichiamoci gli ottimi rapporti che ci sono tra Renzi ed Enrico Mentana. Non è da escludere, ora più che mai, che siano maturi i tempi per un clamoroso ritorno.

 

 

Nomine, la Tarantola frena Sorgi al Giornale radio
Corsa a ostacoli per Gubitosi che dovrà scegliere il sostituto di Preziosi

In molti dalle parti di Viale Mazzini continuano a chiedersi se veramente la stagione delle nomine dei direttori che contano possa ripartire da un momento all’altro. Il dg Gubitosi è dato tra i papabili per altri incarichi tra le poltrone dei manager di Stato, anche se il premier Letta e il ministro Saccomanni difficilmente lo lasceranno andare via prima della scadenza del mandato. Anche perché tra poco più di un paio di anni si potrebbe entrare in una nuova era. Quella che porterebbe la Rai sul modello Bbc. Vivere di solo canone, non inseguire più la tv commerciale e vendere qualche asset di prestigio (risanato e con un nuovo maquillage). Addirittura tra le ipotesi in cantiere c’è la vendita di uno dei tre canali generalisti ai privati (come è stato fatto in Francia).
Tuttavia una nomina probabilmente il dg Gubitosi la dovrà pur fare. Anche perché lo ha annunciato. Riguarda la Radio. Antonio Preziosi, direttore di Radio 1 e del Giornale radio, è finito nel mirino sia perché i dati di ascolto lo penalizzano sia per i rapporti un po’ burrascosi con la redazione del Gr. Ma Preziosi rappresenta l’ultimo baluardo dei berluscones in Rai e quindi non sarà facile rimuoverlo. Anche se il Cav è ora all’opposizione. Un altro caso spinoso per Gubitosi, dopo quelli di Minoli, Freccero e Caprarica. Il partito Fiat sta spingendo sul dg per nominare Marcello Sorgi al posto di Preziosi. Ma le grandi manovre del dg Gubitosi per portare l’ex direttore della Stampa a RadioRai hanno trovato nel presidente Tarantola l’iceberg che rischia di far affondare la candidatura. La più alta carica di Viale Mazzini ha ribadito che non discute i nomi che il dg propone ma i metodi e le procedure. La buonuscita (cospicua) con la quale Sorgi lasciò la Rai dopo l’avventura al Tg1 è stata presa come tagliola per frenare la scalata. A questo punto Gubitosi non può mettersi contro la Tarantola e i consiglieri di amministrazione e quindi la nomina potrebbe saltare.
Per la poltrona di Radio 1 e del Giornale radio il favorito per sostituire Preziosi resta Flavio Mucciante, il direttore di Radio 2, una rete che riscuote consensi. Qualche nomina va perfezionata ancora tra i corrispondenti esteri. Mentre prima di creare un nuovo caso Ferrario va trovata una sistemazione a Preziosi.